“Mi chiamo Viola Vermeer: papà olandese, madre francese …cittadina del mondo! Forse ho spesso la testa tra le nuvole perchè, come quelle, sono costantemente in viaggio e mi capita di non sapere dove mi porterà il vento…”
Viola Giramondo

Leggi, Ascolta, Vivi!
“Mi chiamo Viola Vermeer: papà olandese, madre francese …cittadina del mondo! Forse ho spesso la testa tra le nuvole perchè, come quelle, sono costantemente in viaggio e mi capita di non sapere dove mi porterà il vento…”
Chi vincerà il Nobel per la letteratura nel 2014? Don DeLillo? Philip Roth? Cormac McCharty? Chissà perché Joyce Carol Oates non compare mai nei toto-Nobel per la letteratura, soprattutto in quelli europei, tantomeno italiani. Forse perché è troppo brava. Eppure potrebbe essere la quadratura del cerchio per il circolo dei tromboni radical-chic di Stoccolma, perché i personaggi femminili di Joyce hanno i perfino i requisiti dell’engagement, volendo.
Un libro è uno spazio in cui il lettore deve entrare, girare, magari perdersi…Così scrive Italo Calvino nella presentazione delle sue Città Invisibili e così mi è successo leggendo di Zenobia.
Parola dopo parola ci sono entrata dentro in punta di piedi e poi in punta di pennello l’ho dipinta, segno dopo segno, linea lungo linea, colore vicino a colore.
Illustrare una città invisibile sembra un controsenso, ma non lo è. Ma una grande prova sì come lo è illustrare il silenzio. E Zenobia è pervasa dal silenzio. Il silenzio del cielo sul quale è protesa.
La sua struttura sottile è attraversata da un’aria rarefatta e da un vento leggero, un soffio di universo che smuove appena le sue girandole.
Il 1 dicembre 1991 il New York Times pubblicò un articolo che a suo modo avrebbe cambiato la storia. Si trattava di un racconto in prima persona intitolato Grady’s Gift (Il dono di Grady) e l’autore era Howell Raines, un editorialista che sarebbe stato tra i più feroci critici di J.W. Bush. L’anno successivo l’articolo ottenne il Pulitzer Prize for Feature Writing, il massimo riconoscimento del giornalismo mondiale. Dieci anni dopo invece, Raines sarebbe diventato direttore del giornale e il Corriere della Sera avrebbe titolato: “Il New York Times svolta a sinistra”.
di Chiara Lorenzoni,
illustrazioni di Sophie Fatus
intervista a Chiara Lorenzoni
Se mettessimo su un ring un libro e un ebook, chi vincerebbe? Intendo proprio una prova su strada, come si fa con le auto.
Sappiate che la risposta non è affatto scontata, anzi. Tuttavia i primi a non mettere in discussione gli ebook sono proprio i grandi editori, i quali dagli ebook verranno stritolati. I primi a fargli le pulci sono invece gli scienziati: i risultati di numerose ricerche pubblicati su Scientific American dimostrano come la lettura su carta presenti moltissimi vantaggi rispetto a quella digitale.
A volte capita di pensarci: come potremmo reagire a un dolore tanto grande quanto la perdita di un figlio. E ci si chiede se è possibile superarlo. Rialzarsi. Riprendere una vita normale. Dopo.
Il romanzo epistolare del generale Pierre-Ambroise-François Choderlos de Laclos, titolo originale Les liaisons dangereuses, è uno di quei libri che bisogna leggere nell’arco di una vita, anche se è stato scritto molte vite fa, nel 1782 per la precisione. L’autore era un militare, non uno scrittore “di professione”, sicuramente penne più illustri, come quella di Diderot o de Sade, hanno analizzato con la stessa spietata freddezza gli abissi più oscuri dell’animo umano.
“L’albero, che dà il titolo al libro, ha un significato importante: in tempo di guerra, quando le famiglie vengono disperse o uccise e le case razziate o bombardate, accade che siano gli alberi a farsi carico della memoria delle persone”.
Perché un albero sia così importante, lo capiamo subito leggendo la storia di Sami, un bambino ebreo italiano che vive gli anni oscuri della persecuzione antisemita in Italia, dal 1938 al 1945. L’albero di olivo, che troneggia nel suo giardino, resterà il custode dei suoi segreti, lo scrigno vivente dei suoi doni preziosi.