Podcast. Un’anno senza Whitney

Oggi ricorre il primo anniversario della morte di Whitney Houston. La notizia arrivò come un fulmine a ciel sereno e sconvolse il mondo: alcune persone del suo staff la trovarono annegata nella vasca da bagno della sua suite al Beverly Hills Hotel, le perizie legali riveleranno che fu stroncata da un micidiale cocktail di droghe. Era l’11 febbraio, aveva 48 anni.

Nata il 9 agosto 1963 nella periferia di Newark (New Jersey), Whitney era figlia di una cantante gospel, cugina di Dionne Warwick e figlioccia della mitica Aretha Franklin. Ebbe subito successo: a soli 23 anni fu premiata con un Grammy (successivamente ne avrebbe ottenuti altri 5) e i suoi primi album vendettero parecchio milioni di copie in tutto il mondo. Ebbe successo anche al cinema, con The bodyguard.

Il ritorno di Blade Runner

Hiroshi Ishiguro, ingegnere, docente di robotica all’università di Osaka, in Giappone, ha un biglietto da visita davvero sorprendente. Da una parte c’è il suo volto; dall’altra sempre il suo volto. Il problema è che da un lato la testa è del vero Hiroshi; dall’altro, invece, è lo stesso Hiroshi, ma in realtà si tratta di gemello androide, un robot dalle sembianze umane, frutto del progetto di ricerca Geminoid. Non è facile identificare immediatamente il volto umano e quello replicante. Bisogna osservare con attenzione i due volti, per capire esattamente chi è l’umano, e chi il simulacro.

Quando Roma era una paradiso di grandi maestri

di Michela Murgia

Una fan fiction – recita Wikipedia – è un’opera scritta dai fan prendendo come spunto le storie o i personaggi di un’altra opera originale di natura letteraria, cinematografica o televisiva. Non credo che Sandra Petrignani sappia nemmeno che esiste una cosa chiamata fan fiction, eppure Addio a Roma, il suo libro appena uscito per Neri Pozza, rientra a suo modo correttamente nella descrizione di quel fenomeno, con la complicazione che l’opera a cui risulta ispirato non è un libro né un film, ma la straordinaria scena culturale di Roma tra gli anni ’50 e i primi anni ’70.

Come riconoscere il proprio Angelo Custode da piccoli inequivocabili segnali

Don DeLillo è sempre stato affascinato dal potere delle immagini. I suoi romanzi, in particolare quelli che sondano il nostro tempo (leggi, Underworld, Americana, L’uomo che cade) evocano fortemente questo potere. Non c’è nulla di illusorio nelle effusioni di una folla in lutto (in “L’uomo che cade”: la scena della gente che si abbraccia sotto una fitta pioggia di fogli per stampante e polvere mista a cemento), una scena ricca di significati complessi che si accumulano sotto una tragedia collettiva. 
E, in effetti, quelle immagini tendono riconoscere una certa liquidità delle cose e le associazioni offerte così sovraccariche di portentose implicazioni simboliche, sembrano pure ribellarsi allo status quo dell’evento che le hanno generate e per questo finite sulle pagine dei suoi libri.

Podcast. Come Billy Corgan ci ha cambiato la vita

Non è ancora maggiorenne. Ma era già grande all’epoca. Ventiquattro ottobre 1995 esce “Mellon Collie and infinite Sadness”. Sono gli Smashing Pumpkins, ma si scoprirà che quel doppio disco è stato quasi suonato interamente (oltre che cantato) da Billy Corgan, il lider maximo, il creatore delle “zucche”. Se in letteratura “Il giovane Holden” di Salinger è considerato il romanzo di formazione (e l’articolo determinativo non è una pura formalità), nella musica questo è il disco di formazione per un’intera generazione, la mia, quella che ha bypassato da un po’ il trentesimo anno d’età.

Per un ministero dell’economia della cultura e del turismo, se non noi chi?

Gli attuali programmi dei principali schieramenti non prevedeno la cultura e il turismo tra gli obiettivi primari ed essenziali con tutto ciò che ne consegue. Per la verità nei dibattiti televisivi si parla sempre di tutto e di niente allo stesso tempo. Ma è rarissimo ascoltare qualcuno che parli di economia della cultura in un momento in cui la cultura dell’economia non ha dato molti frutti. Un immobilismo imperdonabile che misura il grave deficit del nostro Paese fino a quando non si decida di uscire finalmente dal tunnel attraverso la connessione tra la nozione di cultura/turismo e quella di impresa/sviluppo e quindi benessere. Manca una concreta idea di patriottismo civico frutto dell’insegnamento storico di quella civiltà culturale che ha avuto origini in Italia e che oggi più che mai deve essere riscoperta per la salvezza del Paese.