Una famiglia, una casa. Tranquillità, serenità, ordine… E poi un incendio terribile e tutto di colpo finisce, si dissolve, quasi non fosse mai esistito prima. Quasi.
“Mai avuto una famiglia” è un libro sul senso di colpa di chi sopravvive ed è una meditazione per sopportare l’insopportabile.
“Vuole andare. Infilarsi nella Subaru familiare e scivolare lungo queste contorte, dissestate strade di campagna fino a trovarne una grande, puntare a ovest e via. Vuole continuare ad andare più a lungo e più lontano che può senza passaporto, dato che quello che aveva non esiste più […]”>>
Un romanzo meraviglioso e profondamente commovente che analizza il rimpianto scavando sul “se si potesse tornare indietro…”. Purtroppo il titolo in italiano altera e sfigura l’originale perché non fa emergere la sfumatura interrogativa che è presente nella frase “did you ever have a family” e che è tutt’altro rispetto a quello che viene comunicato nelle quattro parole della copertina italiana.
“Quello che so è che per me avere un figlio è stato un enigma complicato, un imbarazzato muoversi in punta di piedi tra un eccesso di severità e un eccesso di permissività. Non ci ho mai capito niente. Non come le mie figlie, che erano facili da trattare, da amare […]” E poi “il bagliore di un sorriso, gli occhi pieni di luce. Era meno di un anno prima che morisse. Niente, e poi così tanto, poi niente.”
Un romanzo d’esordio importante che indaga nelle emozioni e nelle molteplici sfaccettature del dolore facendoci capire davvero l’importanza fondamentale di ogni singola vita.
Bill Clegg, Mai avuto una famiglia, traduzione di Beatrice Masini, Bompiani.