Chi pubblica i libri
Il mercato non cresce o cresce poco. questo è un fatto. Crescono le copie prodotte e il numero dei titoli. (per i dati si faccia riferimento al rapporto aie). I lettori calano: meno di una persona su due legge (43% dai 6 anni in su) e la metà di questi legge un solo libro l’anno. A guarda i dati c’è da farsi cadere le braccia. Tutto il mercato si regge su una sparuta pattuglia di poco più di tremilioni di individui che leggono un libro al mese. E sono quelli che chiamano forti lettori (poi ci sono pure gli altri: quelli che leggono ancora di più. Sono i marziani)
Al livello complessivo della filiera editoriale, questo perimetro mette in luce tre fenomeni che hanno profonde implicazioni sul funzionamento delle case editrici:
– la difficoltà della filiera a far crescere e fidelizzare i lettori. (di questo si è parlato nella prima puntata)
– la frammentazione della produzione
– le dinamiche distributive
Le novità rappresentano oltre il 60% di tutto quello che si pubblica. Dal punto di vista dell’editore, questo dato può essere interpretato in modi diversi: indubbiamente indice di vitalità e di innovazione, poichè esprime la capacità dell’editore di anticipare o di cogliere nuovi bisogni. Ancora, è il risultato di un crescente sforzo di comunicazione e di promozione, che porta a declinare i titoli su più formati e su più edizioni, in modo da cogliere bisogni anche marginali di una fascia di lettori. Da un altro punto di vista, può essere letto in termini di aumentata efficienza nelle fasi editoriali e di stampa, che rendono pubblicabili titoli su tirature sempre più basse. Infine, è una risposta all’emergere di una varietà di canali di vendita alternativi o complementari rispetto alla libreria, ciascuno dei quali, se ben posizionato, richiede un proprio assortimento di titoli. In presenza di fatturati costanti e di variazioni modeste dei tassi di lettura, questo sforzo non si traduce però in aumento di ricchezza per gli editori, ma solo in aumento di costi e di maggiore complessità di gestione. Ancora, la crescita delle tirature e delle vendite dei bestseller, speculare alla crescita dei lettori occasionali, determina una spaccatura sempre più evidente tra i pochissimi editori che sanno e possono intercettare i titoli ad altissime tirature e destinati indifferentemente a tutti i segmenti di lettori (occasionali, deboli e forti, giovani e vecchi in tutti i canali di vendita) e il “resto del mondo”, composto da una parte da un gruppo di editori con un canale di elezione (gli editori di narrativa, di saggistica e di ragazzi sulla libreria, per esempio) e dall’altra da operatori sempre più confinati in posizioni di marginalità, che devono alla coerenza del loro catalogo, alla tenacia con cui cercano canali alternativi la capacità di rendersi visibili agli occhi dei loro potenziali lettori. Questi tre gruppi di editori sono sempre meno in concorrenza fra di loro (e sempre di più in concorrenza al loro interno), ma si distribuiscono (spartiscono) in modo ineguale lettori e margini.
Questi sforzi tuttavia lasciano il passo al primo fiato di crisi e sempre al confine, mai pago abbastanza, della ricerca di equilibrio tra costi e benefici. Nè ci si può giocare sempre tutto il mese di dicembre ( che ormai pesa da solo il 20% delle vendite di un anno intero). Il mercato rimane distintivo per il basso indice di crescita della lettura e costantemente in assenza di importanti, decisivi, interventi di promozione pubblica alla lettura. E’ noto che gli editori non vogliono denaro, come invece chiedono a gran voce molti settori in momenti di crisi ( e, aggiungiamo, quando le cose vanno bene non restituiscono il favore), ma ma di una vera rivoluzione di civiltà per l’educazione alla lettura di metà (dicasi, metà!) della popolazione di questo Paese.
a cura di tirature 08, Il saggiatore, Paola Dubini e Elena Raviola