.
Qualche anno fa ero pronta per percorrere il Cammino di Santiago. Non lo sapeva quasi nessuno dei miei amici e familiari, questo perchè a mio avviso un simile viaggio lo si fa per uno scopo ed ogni pellegrino ha il suo (altra categoria a parte, sono quelli che pubblicano ogni passo sui social, ma vabbè).
Nel mio caso, stavo cercando il silenzio per riuscire ad ascoltare il sussurro con il quale la nostra parte più preziosa ci parla, e anche se era tutto già prenotato, la vita ci ha messo lo zampino e non sono riuscita a partire. La delusione è stata tanta, ma con il senno di poi in questi anni ho capito che non era il mio cammino, quello giusto lo sono stati tutti i passi che fatto in tutti i giorni degli anni successivi, perchè in molti pensano che la spiritualità si possa toccare in determinati luoghi o percorrendo uno dei tanti cammini spirituali disseminati in tutto il mondo, ma io non penso sia così.
Amity Gaige ci porta nel cuore di uno dei sentieri più belli al mondo, il sentiero degli Appalachi: è un percorso lungo più di 3000 chilometri che collega il monte Springer, nella foresta nazionale di Chattahoochee-Oconee, in Georgia, al monte Katahdin nel Parco statale Baxter, nel Maine.*
Questi sentieri sono affrontati ogni anno da pellegrini o semplici sportivi e Valerie, ex infermiera e appassionata escursionista, protagonista de Il cuore della foresta, non si presenta all’appuntamento che aveva concordato con il marito in uno dei tanti punti di uscita di cui è disseminato il percorso e scompare nei fitti boschi del Maine.
Viviamo la storia attraverso l’alternarsi delle voci narranti: quella di Valerie che ci svela pagina dopo pagina cosa sia effettivamente successo. La gente ha delle idee molto romantiche sul Sentiero degli Appalachi, (anche io avevo idee molto romantiche sul Sentiero degli Appalachi). Santo, il mio fratello di sentiero, era abituato alle mie catartiche crisi di pianto. Fare o non fare diceva lui con la sua migliore voce da Yoda. Non c’è provare. Quella della tenente Beverly alla quale è affidata la direzione delle ricerche. Un sacco di persone che si danno alla ricerca e al soccorso ricordano di aver visto morire qualcuno, da piccoli. Io non ho storie del genere. Io da piccola andavo nel bosco in cerca di un segnale. Volevo una chiamata. Come i monaci, come gli artisti. Quella di un’anziana donna di nome Lena, la quale, molto più tardi, aveva capito che Tomasz intendeva qualcosa del tipo. Sei una persona strana e interessante, un gusto acquisito, una solitaria, e la tua vita sarà segnata da lunghi periodi di stasi senza amici. Probabilmente non sarai felice, ma ti sarà risparmiato il sospetto di essere una Lemming della storia dell’umanità (oltre ai colleghi del Tenente Beverly). Noi cerchiamo due volte.
Cerchiamo un corpo, una persona fisica, ma allo stesso tempo cerchiamo una vita) E al fratello di cammino di Valerie, Santo (Sparrow era uguale). Lei camminava. Guardava gli uccelli. Pensava alla vita. Aspettava di sentire una bella storia. Mia mamma, che è una sognatrice anche lei, direbbe che ha un’anima da poeta. Sparrow è una che STA, sta davvero, mi spiego?).
Oltre ad essermi piaciuto molto, Il cuore della foresta mi ha dato diversi spunti sui quali riflettere: il bisogno che le persone a volte hanno di lasciare la propria vita per trovarsi, il fatto che tutti abbiamo una storia che ci porta a fare o non fare determinate scelte, che non ci accorgiamo che nella vita di tutti i giorni noi siamo già dei pellegrini e di avere tutti sulle spalle uno zaino con dentro i nostri sensi di colpa, e che nessuno sceglie di percorrere tremila chilometri perchè è felice. Come ci dice Valerie “Tutti hanno un motivo per fare un sentiero. E non è mai perchè sono amati e in pace”.
Come spesso mi succede quando leggo un bel libro come questo, il mio sentire si aggancia a qualcosa di bello che ho già incontrato: 2023, Olanda, una foresta, una piccola piscina artificiale costruita da un fotografo naturalista, Martijn Nugteren, per contrastare la siccità di quell’estate e dissetare gli animali che popolano quella foresta. Ma decide anche di installare una telecamera nascosta. Il risultato è stato di una bellezza da togliere il fiato, lo potete vedere cliccando il link in fondo alla recensione.
Allo stesso modo, forse, invece di percorrere 3000 chilometri per cercare il senso della nostra vita, possiamo semplicemente sederci e osservarci, osservare quello che ci circonda e ricordare a noi stessi quello che sappiamo fare. Perché come dice il tenente Beverly per motivare i volontari all’undicesimo giorno di ricerche quando le speranze di ritrovare Valerie si sono ridotte al lumicino “Alcune persone smarrite non hanno le competenze, ma hanno qualcos’altro. Non so come chiamarlo. Il cuore. Sopravvivono grazie all’amore per la vita o per le persone care che hanno in mente. Rimangono presenti. Tengono gli occhi aperti.
Spesso, quando queste persone vengono salvate, riferiscono di aver provato un senso di meraviglia là fuori. Per i momenti che erano rimasti. Per il privilegio di essere ancora vivi”.
Se ci siamo smarriti mentre percorriamo il nostro sentiero di vita, sappiate che abbiamo le competenze e abbiamo il cuore. È la meraviglia di rendersene conto.
Per BookAvenue, Marina Andruccioli
.
https://www.instagram.com/reel/C1fN9ImqfPe/?igsh=MXRpZXNnZGNkdjhidg=
* fonte: da Wikipedia, vedi cartina in testa all’articolo
il libro:

Amity Gaige,
Il cuore della foresta,
NNEditore,
ed.2025 pp.336
,
altri articoli dell’autore