Raramente ci si sente toccati da vicino e così profondamente di fronte alla scomparsa di un artista che si considera appartenerci. E’ un sentimento, questo, che riserviamo solo alle persone che ci sono più prossime. La perdita di Prince è un fatto personale per molta gente.
Milioni di persone ricorderanno per sempre il sex symbol e creatore di capolavori come Purple Rain, Diamonds and Pearls o When doves cry; un vero maestro del pop e del funky, ma Prince è stato molte cose in un corpo solo. Un produttore di musica, un cantante eccezionale, un chitarrista straordinario e per fare ancora un esempio, anche un pioniere del web. E’ nota la sua controversa battaglia contro l’industria discografica. In molti e per molto tempo gli hanno dato addosso ma ha fatto da apripista in fatto di diritti alle molte pop star che oggi seguono la sua lungimiranza di allora. You tube e gli altri social devono molto del loro “traffico” ad artisti gente come Prince. Il quale ha, peraltro, lasciato il web da altrettanto molto tempo, mentre quasi tutti non sembrano poterne fare a meno. >>>

Comiciamo male. Mentre mi appresto a scrivere di Otis Clay, un leggendario cantante gospel e icona della soul music e del blues, è arrivata la notizia di David Bowie.
Cos’altro dire di questo straordinario testimone del secolo? Quali parole usare per raccontare la sua indimenticabile voce, il suo enorme talento, la sua monumentale reputazione di artista? Poco. Davvero molto poco. Su Ray Charles molti, meglio di me, hanno saputo raccontare di come abbia aperto la strada alla musica “soul”, nata sperimentando la fusione dei generi Rhythm & blues, gospel, e blues. Le sue registrazioni sono tutte, e dico tutte, magnifiche e sempre caratterizzate dalle sue grida e urlate che hanno pervaso la cultura musicale di tutto il mondo.

Chissà perché capita, ad ognuno di noi, sentire quella tipica stretta al cuore ogni volta che ci mettiamo all’ascolto delle prime note di I’ve Been Loving You Too Long. Come sarebbe senza? Del resto, Otis Redding è stato il cantante soul più influente degli anni 60, forse il più grande, il più importante. Mio padre lo ascoltava, mia madre lo ascoltava, e tutta quella generazione che ha messo al mondo la mia, l’ascoltavano. La sua voce dall’anima profonda, gli arrangiamenti della sua musica, il professionista che ha fatto “aggiornare” l’R&B nell’anima moderna che ora ascoltiamo.
Il suo ultimo album è del 2008, ha per titolo Rollour e, tra questo e il primo Sleigh Belles, Jingle Belles, and Bluebelles (con le Bluebelles) non c’è stata alcuna interruzione: ha praticamente cantato ininterrottamente dal 1962 e pubblicato quasi un album all’anno di 46 anni di una fantastica carriera. Patti LaBelle è un mito per il mio due di coppia; alla fine degli inizi anni 70, so’ da sempre, era conduttore di (Flashback) un programma di una radio FM locale. Era quasi adulto e, mentre tutti si interessavano di hardrock, lui, oltre a prendersi a botte con i suoi avversari politici – ma in quegli anni era normalissimo – imparava ad ascoltare il r&b e soul.