La fascetta fa vendere ma distrugge il pianeta.

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La logica del supermercato è entrata in libreria pari pari all’idea del sistema di offerta introdotto dalle leggi del marketing. E’ la società dei consumi, bellezza!, direbbe qualcuno. È cosa ormai consueta agli occhi dei lettori trovarne sempre qualcuna sulle novità, per quanto i libri non siano esattamente paragonabili a un dentifricio. Tutto è utile per vendere una copia in più. La domanda è: siamo certi che funzionino? E qual’è il prezzo che il pianeta deve pagare per il sostegno alle vendite dato da questo straordinario – si fa per dire – mezzo di trasporto (del libro alle casse)? La nostra Paola Manduca ha una opinione precisa, e ce la spiega con il suo solito mordente puntiglio.

 

La questione è tutt’altro che morale: dietro le fascette sui libri c’è un vero e proprio allarme ambientale.
Per ogni fascetta stampata ogni anno si abbattono 1000 alberi in Amazzonia e poi, gettata nell’immondizia comune, ha gli stessi tempi di smaltimento di una bottiglia di plastica in mare; pare inoltre che abbiano scoperto un mercato nero di fascette contraffatte altamente tossiche provenienti da Cina e Taiwan.
Quale beneficio poi dietro a un tale scempio? Leggere su quella di “Hanno tutti ragione” a firma Antonio D’Orrico: “Tony Pagoda, un eroe del nostro tempo”? Spreco di toner e nient’altro. O ancora, Roberto Saviano: “Leggere Varlam Salamov mi ha cambiato la vita” … a lui?! E ce lo dice così?
Ma ora basta, andiamo al dunque: La fascetta più inquinante del 2013 se l’è aggiudicata “Stoner”, il libro più bello del 2013 (uscito nel 1965), di John Edward Williams. Il peggio non sta davanti, dove si trova una frase di Ian McEwan che pure non brilla per meraviglia. Il peggio è dietro: un disposto combinato di Tom Hanks e Daria Bignardi, in un corpo a corpo tra fascetta posteriore e quarto di copertina.
Tom Hanks: “questo è semplicemente un romanzo che parla di un ragazzo che va all’università e diventa un professore. Eppure è una delle cose più affascinanti che vi capiterà mai di leggere” (spero proprio che i professori d’ora in poi boicotteranno i suoi film).

Daria Bignardi: “Un ritratto che non si dimentica”. (…)

Lettori, uniamoci in una class action! Al momento del pagamento lasciamo in cassa questo pezzo di carta inutile oppure facciamo flashmob: spostiamo la fascetta di Alessandro Baricco per “Open” su “Detto fatto, la casa stanza per stanza” di Caterina Balivo, e quella del premio Strega su “I miserabili”.
Madre natura non può pagare per colpa di “un ritratto che non si dimentica”. Tutt’al più per una roba così.

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