Il coraggio dell’autoproduzione: Marco Valenti racconta i motivi di una scelta

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Marco Valenti, romano, classe 1960, non può essere definito propriamente un esordiente perché ha al suo attivo già alcune pubblicazioni: Cinque canti si separazione (2007, boopen editore), Un senso alle cose (con Paolo Scatarzi, 2007 – 2009, boopenLed editore), Cometa e bugie (2010, ilmiolibro.it), Cometa e bugie – eBook (2012, Narcissus). Ha fatto però una scelta coraggiosa e impegnativa decidendo di optare per il self publishing. Nell’intervista che segue ci racconta quali sono i motivi  per cui ha preferito l’autoproduzione all’iter tradizionale, che percorso ha seguito e qual’è un primo bilancio dell’esperienza.

Hai fatto una scelta “rischiosa”: l’autoproduzione. Come mai?
Se, come nel mio caso, scrivi da più di venti anni con grandissima passione, ma trai di che vivere da un altro lavoro, ti puoi permettere di affermare che quella tra un editore e uno scrittore deve essere una scelta reciproca: un po’ come in un matrimonio. Avevo già pubblicato un romanzo epistolare nel 2007, dal titolo “Un senso alle cose”, scritto insieme a Paolo Scatarzi e dal 2009 stavo mandando in giro un nuovo romanzo a diverse case editrici. Gli editori più importanti, in molti casi, non accettano manoscritti inediti da autori sconosciuti; altri non si sono mostrati interessati alle mie proposte; altri, interessati, mi hanno proposto di pubblicare a pagamento in varie forme e modalità. Ciascuno è libero di fare le proprie scelte ma, a mio avviso, un editore che si fa pagare da uno scrittore sovverte la logica dell’editoria perché, azzerando o riducendo al minimo il suo rischio d’impresa non è un editore e nemmeno un imprenditore. Se uno scrittore paga un editore per pubblicare, uno dei due non è quello che dice di essere. Ci sono poi piccole case editrici molto serie ma che non hanno alcuna possibilità di portare il tuo libro ad avere distribuzione e visibilità apprezzabili e che, in alcuni casi, hanno diffusione poco più che regionale. Mentre spendevo tempo a cercare un editore ho avuto la notizia che il gruppo editoriale l’Espresso/Repubblica, attraverso l’iniziativa di auto pubblicazione ilmiolibro.it, aveva raggiunto un accordo di distribuzione e vendita con il gruppo laFeltrinelli. Ho deciso allora, nel 2010, di aderire ed auto pubblicarmi, non sottoponendo ulteriormente al vaglio di editori (o sedicenti tali) il libro e lasciandolo direttamente al giudizio sovrano dei suoi nuovi proprietari: i lettori.

Ci racconti le tappe di questo tuo percorso?
Una volta che il libro, “Cometa e bugie”, è stato reso disponibile ne ho dato notizia a chi conoscevo e a chi sapevo aver già letto “Un senso alle cose”. L’ho fatto a voce e via mail con parenti, amici e conoscenti; ho usato il mio blog, Anobii e facebook per raggiungere altri contatti; su facebook ho creato una pagina con lo stesso titolo del libro per offrire ulteriori informazioni. Qualche blogger, su siti dedicati ai libri e alla lettura, mi ha recensito: altri mi hanno intervistato. Non ho mai fatto presentazioni del libro. Unica eccezione uno spettacolo teatrale a Roma, a dicembre del 2010, dove la Compagnia teatrale “Signori chi è di scena” ha rappresentato due racconti presenti in appendice al libro e altri sempre scritti da me, con la regia di Monica Ferri. Data unica e teatro San Giustino pieno: una bellissima soddisfazione.
È andata in questo modo. Conoscevo da tempo ed apprezzavo moltissimo Signori chi è di scena e, soprattutto, Monica Ferri che, oltre ad essere una grande attrice è la regista degli spettacoli della compagnia. Monica aveva letto e amato il mio romanzo e così, una sera, le ho dato quattro racconti che, secondo me, si prestavano ad una sfida di messa in scena. Le ho detto di pensarci; lei ha raccolto l’idea con convinzione meravigliosa e ne ha tratto un componimento scenico di grande forza; abbiamo lavorato insieme a quei cambiamenti di testo necessari a rendere un’opera scritta riuscendo a rappresentarla nel migliore dei modi possibili in una data unica veramente emozionante e di vero teatro.
Da questo mese, infine, “Cometa e bugie” è autoprodotto anche come ebook ed è disponibile sulle maggiori piattaforme di vendita: un modo per accostarmi a un mondo, quello dei lettori digitali, in continua ed esponenziale espansione e che avrà un peso sempre maggiore nel tempo.

E i risultati? Hanno risposto alle tue aspettative?
Ho raggiunto oltre trecento lettori, distribuiti in tutto il Paese: diversi “addetti ai lavori” mi dicono che sia un buon risultato. Ho interagito quanto più possibile con chi ha letto il libro (un vero lusso), ho ricevuto moltissimi consensi e alcune critiche costruttive di cui ho fatto tesoro. Tutto ciò mi ha permesso di capire come e dove avevo maggiore possibilità di crescita e ci ho lavorato sopra con coscienziosità.

Molti autori che si autoproducono pensano di ottenere risultati positivi assediando amici, parenti e conoscenti con uno spamming a volte piuttosto invadente. Io ritengo che se si vuole scegliere la strada dell’autoproduzione occorre attenersi ad una sorta di “galateo” sennò si risulta molesti e l’effetto finale è pure controproducente. Sei d’accordo?
Dopo aver compiuto numerosi errori, per troppa ingenuità e troppo entusiasmo, soprattutto con il primo romanzo, non posso che essere totalmente d’accordo con te.
Sai qual è il punto? Attorno ad ogni libro ruotano mestieri diversi e ciascuno presuppone capacità specifiche, non soltanto dedizione. Io scrivo, o almeno provo a farlo meglio che posso, ma ci sono altre figure: l’editor, il correttore di bozze, l’addetto stampa, il promoter, l’organizzatore di eventi, il pubblicitario. Fare tutto da soli ti mette davanti dei limiti oggettivi e ti fa commettere qualche errore: in compenso credo di aver capito molte cose, mi sono formato delle opinioni maggiormente consolidate, ho potuto studiare e analizzare diversi aspetti della filiera editoriale e degli aspetti promozionali con grande interesse. Continuo a voler scrivere, piuttosto che fare altro, ma comincio a capire che cosa funziona e che cosa è inutile, se non dannoso, quando promuovi un tuo libro.

Ci racconti qualcosa dei tuoi libri?
“Non sei fregato veramente finché hai da parte una buona storia, e qualcuno a cui raccontarla”, In questa frase tratta da Novecento di Baricco c’è tutto quel che mi sento di premettere quando parlo del mio scrivere e del mio ostinarmi a proporre le storie che scrivo. Un mio caro amico, volendo definire scherzosamente il mio modo di scrivere, mi ha definito uno “storyteller” e a me sta bene.
Ho scritto sempre moltissimo ma le cose pubblicate non sono molte. Dopo la breve raccolta di racconti sulle separazioni e sulle “uscite di scena”, dal titolo “Cinque canti di separazione” (2007), il primo libro è stato il romanzo epistolare “Un senso alle cose”, (2007), scritto con l’amico Paolo Scatarzi. Lì immaginammo che tra il 1997 e il 1999, in piena era informatica, due amici si scrivessero lettere con carta, penna e francobolli. Inizialmente per chiarire un brusco litigio, avvenuto prima che le loro strade si separassero per lavoro. In seguito per capire e capirsi meglio, interrogandosi sulle cose dell’esistenza.
Due personaggi-simbolo, per differenze e caratteristiche, che si pongono interrogativi certamente antichi ma sempre importanti. Interrogativi d’attualità dopo il crollo delle ideologie, ma soprattutto in un più generale e sempre più percepibile smarrimento sociale. Una sorta d’appello, che non voleva necessariamente fornire soluzioni ma, piuttosto, istigarne.
“Cometa e bugie” (2010) è un libro composto da un romanzo breve e da tre racconti ad esso collegati. “Della cometa del millenovecentonovantasette”, il romanzo, prende l’avvio nel marzo del ’97 e termina nel ’99, si svolge in una città del nostro Paese volutamente non identificabile; i racconti sono accomunati al romanzo per i temi trattati e per l’identica cornice entro la quale avvengono i fatti narrati. L’idea guida è che le cose della vita siano ciò che sono indipendentemente dai nostri errori e dalle bugie che, a volte, ci dicono (o ci diciamo). I protagonisti della storia, le cui vicende si intrecciano seguendo logiche apparentemente casuali, ne acquisiscono man mano consapevolezza: “ci fanno i conti”.
In generale il mio modo di scrivere, dopo un lungo sfarfallio di sensazioni e idee tutto in testa, funziona secondo una modalità costante. Raccolgo idee, appunti, suggestioni. Moltissime. Provo a dipanarle, a farle crescere, a dar loro corpo fin quando non assumono i contorni di una storia. Da lì nasce un progetto, poi file diversi che aggrediscono la storia da punti differenti, e – prima possibile – uno storyboard convincente e accattivante. Da quel momento inizio a montare i pezzi scritti e a scrivere quello che manca per arrivare a casa. Quando la storia pare compiuta comincio a rivederla e correggerla capitolo per capitolo, paragrafo per paragrafo: aggiungo o tolgo, cambio quando mi sembra serva, leggo e rileggo in continuazione. A storia compiuta passo alla croce dell’editing.

Hai nuovi manoscritti nel cassetto? E in caso affermativo ti orienterai sempre sulla strada dell’autoproduzione?
Il prossimo è uscito dal cassetto e sta per essere disponibile con le stesse modalità di “Cometa e bugie”. È stato un lavoro lungo e appassionate che spero abbia ascolto. È una raccolta di racconti che ruotano tutti attorno al tema del silenzio e della parola. Svolgendo un lavoro diverso rispetto allo scrivere non ho mai impiegato meno di tre anni ad andare da una idea abbozzata ad un libro terminato.
Sto scrivendo un libro composto da tre racconti lunghi e sto provando a terminare la scrittura di un testo teatrale; da diversi anni ho un progetto di romanzo che cucio e scucio continuamente e che, prima o poi, arriverà in porto.
Cose da scrivere non mi mancano e ho, purtroppo, più idee che tempo per realizzarle.

Autoproduzione vs editoria tradizionale: cosa consiglieresti ad un autore emergente?
Credo che il mondo dell’editoria sia sul punto di essere profondamente sconvolto in tutta la sua filiera. Autoproduzione, acquisti in rete, print on demand, lettori di ebook sono fenomeni destinati a lasciare segni permanenti e profondi. Nell’editoria da un lato stanno chiudendo librerie storicamente importanti in diverse città d’Italia mentre dall’altro la piccola editoria, se non specializzata per settore o di qualità tipografica ed editoriale eccezionale, arranca e macina una gran quantità di titoli con tirature striminzite. Da lettori ci dispiace ogni volta che chiude una libreria ma già compriamo online su Amazon, o andiamo in grandissime librerie come Feltrinelli, o scarichiamo ebook che hanno un prezzo comunque più basso rispetto al cartaceo (anche se in alcuni casi ancora irragionevolmente elevato). La distribuzione dei guadagni di una filiera lunga è destinata ad assottigliarsi e, con l’ebook, a perdere attori tradizionali. Pensiamo ai distributori o alle librerie. Il livello tecnico grafico di un libro autoprodotto con cura (magari facendosi aiutare nell’editing) non ha più nulla da invidiare alla maggioranza dei volumi di una grandissima parte degli editori oggi sul mercato. Ricordiamoci tutti come la diffusione via internet della musica abbia portato alla chiusura di molti negozi di dischi,  come la grande distribuzione in campi merceologici tradizionali abbia limitato il mercato dei piccoli negozi, come i telefoni cellulari hanno fatto sparire le cabine telefoniche. Non credo sia un azzardo immaginare un universo librario con meno punti vendita e meno editori.
Considero quindi l’autoproduzione una grandissima risorsa, con potenzialità enormi: quando sei tu il padrone delle tue opere e della loro diffusione hai davanti un orizzonte illimitato se non dall’effettiva portata, significato, bontà di quel che scrivi. Se esci in formato elettronico puoi addirittura immaginare mercati in lingue diverse dall’italiano. Sarei, comunque, un ipocrita se dicessi che non accetterei mai proposte editoriali: davanti ad una casa editrice con un bel progetto grafico e editoriale, diffusione importante e coraggio imprenditoriale, con la possibilità di pubblicare anche in ebook, che credesse nei miei scritti, smetterei di autoprodurmi per dedicarmi solo alla scrittura. Per un paio di editori anzi, ti confesso, lavorerei gratis, o quasi, ma non ti dico i nomi. Mai dire mai. Credo però di diventare troppo vecchio per essere scoperto come nuovo autore.
Anche se mi sono persuaso che scrivere sia una cosa per vecchi.

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Carla Casazza

Carla Casazza ha fatto della scrittura la sua passione e lavoro.
Laureata in Pedagogia a indirizzo storico, ha insegnato per diversi anni.
Ha pubblicato alcuni libri sia di narrativa che di non-fiction.
Vive in Trentino.

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4 commenti

  1. Ringrazio chi è intervenuto, per le riflessioni che ha voluto condividere, e provo a precisare alcuni punti sollevati.
    L’onere dell’invio del libro alle biblioteche ricade su chi si autoproduce: corretto.
    Altri oneri degli Editori dipendono dalle politiche e dalla quantità di denaro che gli stessi intendono investire: parecchi Editori investono veramente poco, o in ogni caso in modo non sufficiente a dare al libro visibilità.
    Il mio libro cartaceo non sarà mai stato in conto vendita ma è prenotabile nelle 98 librerie Feltrinelli del Paese e acquistabile su laFeltrinelli e ilmiolibro.it; l’ebook è disponibile sulle maggiori piattaforme di vendita di ebook.
    I Miti mondadori hanno qualità bassa e caratteri piccoli; gli stessi titoli sono scaricabili in ebook a un prezzo inferiore.
    Quanto al promuovere l’esistenza di un libro dovrò certamente migliorare (magari farmi dare una mano) per aumentare il numero di lettori, ma vale lo stesso discorso che ho fatto – in generale – sugli investimenti di molti Editori per rendere visibile un libro.
    Adoro, infine, le librerie: mi piace girare per gli scaffali, parlare con librai, sfogliare titoli.
    Tuttavia che stiano soffrendo e chiudendo in parecchi è un dato incontrovertibile.
    Chiudo ringraziando per gli auguri con un “crepi il lupo”!

  2. Permettimi alcune brevi condiderazioni in ordine alla tua ultima risposta.

    Secondo me, se da una parte convengo con le trasformazioni in atto alla distribuzione editoriale, non sono affatto d’accordo con la incapacità del mercato librario di adeguare la sua filiera, a partire dalle librerie, al tempo che viene e che tu hai, a tuo modo, sottolineato..
    In passato, e vale a maggior ragione oggi, l’editoria ha saputo trasformare le crisi in opportunità. Gli esempi non mancano: avremmo mai pensato di comprare a “botte” di sessanta (dico sessantamila) copie a titolo libri di poesia a 5mila lire nei Miti Mondadori? E guarda cosa sono oggi le grandi librerie nel nostro Paese: assortimento e servizio pubblico. Non è innovazione questa?

    Il limite, invece, dell’autoproduzione, sta proprio nella distribzione ristretta. In un mercato dove la lingua italiana non può garantirsi che un mercato microscopico fatto da poche centinaia di copie vendute nel migliore dei casi. Per non parlare della promozione del libro: quante persone conoscono l’uscita del tuo? E con che mezzi a disposizione puoi garantire una ampia comunicazione intorno a quello che hai pubblicato? 300 copie sono davvero un risultato soddisfacente?

    Naturalmente auguro un pieno successo al tuo libro, senza per questo però, poggiare le tue affermazioni sul alcune convinzioni che soffrono, naturalmente “per me”, un grosso limite.

    Michele

  3. Beh, a parte il fatto che pur essendo un “nuovo autore” ho una trentina d’anni più di te, e quindi non sei affatto troppo vecchio, ho letto con molto interesse quanto hai scritto nel post.
    E’ tutto quasi interamente condivisibile, tuttavia farei un paio di obiezioni: l’editore di un libro si assume comunque degli oneri, sia fiscali sia normativo-giuridici, compreso l’invio di copia del libro alle biblioteche. Ciò ti consente di poter vendere il tuo libro nelle librerie (in conto deposito) o nelle edicole. Se invece il libro è autoprodotto devi provvedere tu a tutti gli adempimenti del caso, compreso il fatto di dover possedere una partita IVA (cosa non molto conveniente). Senza partita IVA nessuna libreria accetterà il tuo lavoro neppure in conto deposito.
    Tutto qui, e, comunque, ad maiora e in bocca al lupo! 🙂

  4. Fortuna che ci sono i “vecchi” che scrivono, altrimenti noi lettori cosa leggiamo? 😉

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