“Una star della letteratura”. Questo un ex professore di Donna Tartt, fresca vincitrice del Pulitzer per il romanzo Il cardellino, ricorda della scrittrice diciottenne, sua allieva al college. Già da ragazza (in quegli anni, Tartt diventò amica di un altro paio di geniacci, Breat Easton Ellis e Jonathan Lethem)>>
Donna era quel che gli americani dicono uncopromising: decisa, coraggiosa, dotata di una certa propensione al rischio. Così è stato fino ad oggi il suo percorso letterario: fuori dagli schemi, vincente ma pericoloso. Il primo romanzo, Dio di illusioni, cominciato nel 1986, uscì nel 1992. Il secondo, Il piccolo amico, nel 2002. Il terzo, Il cardellino, è stato pubblicato in America nel 2013 e da noi qualche mese fa. Tra un romanzo e l’altro (i primi due sono diventati bestseller negli Usa) passano dieci anni o più. Non l’ideale per le grandi editrici americane, colossi del marketing a cui piace battere il ferro del successo finché è caldo. Ma l’ideale per Tartt, che costruisce romanzi-fiume complessi come architetture e non certo instant-book.
Così è per Il cardellino, questa nuova, stupefacente storia che si è meritata il premio Pulitzer.(*)
Il libro
Figlio di una madre devota e di un padre inaffidabile, Theo Decker sopravvive, appena tredicenne, all’attentato terroristico che in un istante manda in pezzi la sua vita. Solo a New-York, senza parenti né un posto dove stare, viene accolto dalla ricca famiglia di un suo compagno di scuola. A disagio nella sua nuova casa di Park Avenue, isolato dagli amici e tormentato dall’acuta nostalgia nei confronti della madre, Theo si aggrappa alla cosa che più di ogni altra ha il potere di fargliela sentire vicina: un piccolo quadro dal fascino singolare che, a distanza di anni, lo porterà ad addentrarsi negli ambienti pericolosi della criminalità internazionale. Nel frattempo, Theo cresce, diventa un uomo, si innamora e impara a scivolare con disinvoltura dai salotti più chic della città al polveroso labirinto del negozio di antichità in cui lavora. Finché, preda di una pulsione autodistruttiva impossibile da controllare, si troverà coinvolto in una rischiosa partita dove la posta in gioco è il suo talismano, il piccolo quadro raffigurante un cardellino che forse rappresenta l’innocenza perduta e la bellezza che, sola, può salvare il mondo.
Gli altri finalisti per la letteratura sono:
Philipp Meyer, “The Son”, (Il figlio,tr italiana in Einaudi) Leggi la nostra recensione di Marco, e
Bob Shacochis, The Woman Who Lost Her Soul.
I premi Pulitzer per le altre sezioni letterarie e la musica:
Teatro. The Flick di Annie Baker.
Storia. The Internal Enemy: Slavery and War in Virginia, 1772-1832 di Alan Taylor.
Biografia. Margaret Fuller: A New American Life di Megan Marshall.
Poesia. 3 Sections di Vijay Seshadri.
Saggistica. Toms River: A Story of Science and Salvation di Dan Fagin.
Musica. Become Ocean di John Luther Adams.
I premi Pulitzer per il giornalismo:
Pubblica utilità. Le redazioni del Guardian e del Washington Post per linchiesta sui programmi di sorveglianza della National security agency, scritte a partire dalle rivelazioni dellex collaboratore della Cia Edward Snowden.
Breaking news. La redazione del Boston Globe per la copertura delle esplosioni durante la maratona di Boston, il 15 aprile 2013.
Inchieste. Chris Hamby del Center for public integrity per la sua inchiesta che ha svelato una truffa che coivolgeva medici e avvocati e serviva a negare il risarcimento previsto dalla legge a minatori affetti da malattie ai polmoni per cause legate al loro lavoro.
Giornalismo divulgativo. Eli Saslow del Washington Post per i suoi articoli sulla diffusione dei buoni pasto tra gli statunitensi a causa della recessione, attraverso i quali ha spiegato la diffusione della povertà in America.
Giornalismo locale.Will Hobson e Michael LaForgia del Tampa Bay Times per le loro inchieste sulla condizione abitativa a Tampa e la situazione dei senzatetto.
Giornalismo nazionale. David Philipps di The Gazette per i loro approfondimenti sulla condizione dei veterani di guerra, abbandonati dallo stato dopo il congedo dallesercito.
Giornalismo internazionale. Jason Szep e Andrew R.C. Marshall di Reuters per i loro reportage sulla persecuzione della minoranza rohingya in Birmania.
Opinione. Stephen Henderson del Detroit Free Press per le sue column sulla crisi economica a Detroit.
Critica. Inga Saffron del Philadelphia Inquirer.
Editoriale. Lo staff dellOregonian di Portland.
Vignette. Kevin Siers del Charlotte Observer.
Fotografia breaking news.Tyler Hicks del New York Times per la sua foto scattata durante gli attentati nel centro commerciale di Nairobi, in Kenya.
Fotografia. Josh Haner del New York Times.
Il premio Pulitzer. Il Pulitzer è il riconoscimento giornalistico più antico e prestigioso degli Stati Uniti.
Il premio è stato istituito nel 1917 dall’editore Joseph Pulitzer, ed è gestito dalla Columbia university di New York, per volontà dello stesso Pulitzer.
Il premio è diviso in 21 categorie e ai vincitori viene consegnata una ricompensa di diecimila dollari. Al vincitore della categoria “giornalismo per il bene pubblico” al posto dei soldi viene assegnata una medaglia d’oro. Oltre ai premi per il giornalismo la giuria assegna sette premi per le arti, la musica e la letteratura.
La giuria del Pulitzer è composta da 19 personalità del mondo dell’informazione, ma tra loro ci sono anche docenti universitari e scrittori.
(*)Fonte: L’Espresso, RCS Libri