La solitudine del tennista

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L’odio di Andre per il tennis è tutto concentrato sul drago, una macchina lanciapalle trasformata da suo padre Mike. Nero e luccicante, montato su grosse ruote di gomma, con la parola PRINCE dipinta in lettere bianche lungo la base, il drago sembra proprio una qualunque macchina lanciapalle di un qualsiasi circolo sportivo americano.

In realtà, però, il drago è una creatura viva e tremenda che sembra uscita da uno dei fumetti di Andre perché respira, ha un cervello e una voce raccapricciante. Quando risucchia una palla nel proprio ventre, emette dei rumori sgradevoli, ripugnanti, provocatori. E quando mira su Andre e spara una palla a 180 chilometri all’ora, ruggisce come una belva assetata di sangue.
E’ Mike, il padre di Andre, che lo ha reso così spaventoso…

Il tennis per Andre Agassi era diventato davvero una prigione da cui ha sempre cercato di scappare. Una prigione chiusa a chiodi che non ha sfogo, che fa afa a respirarla.
Nonostante tutto questo, però, Agassi gioca in modo non comune e sorprendente fin da quando diventa professionista all’età di sedici anni.

«Gioco a tennis per vivere, anche se odio il tennis, lo odio di una passione oscura e segreta, l’ho sempre odiato. Quando quest’ultimo tassello della mia identità va al suo posto, scivolo sulle ginocchia e in un sussulto dico: fa’ che finisca presto». 


Open non è solo un libro di memorie sportive, ma un autentico romanzo di formazione, una storia molto ben raccontata scritta in modo divertente, sofferto, toccante. La maggior parte del libro racconta vividamente l’infanzia perduta, una adolescenza dickensiana e una lotta caotica in età adulta per cercare con forza un’identità difficile da conquistare.


Quello che mi ha colpito è come Agassi descrive la solitudine di uno sport che mette due giocatori di fronte anche per cinque ore di fila senza compagni di squadra o allenatori. E’ la solitudine, spiega Agassi, che conduce i giocatori di tennis a parlare costantemente da soli, spesso ad alta voce. Una solitudine fatta di rimpianto e nostalgie feroci, di vuoto, di dolore, di mancanza.

Andre Agassi, Open. La mia storia, Einaudi (collana Einaudi. Stile libero extra), 2011, traduzione di Giuliana Lupi.

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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