Colson Whitehead, I ragazzi della Nickel

   Tempo di lettura: 3 minuti

L’ultima parte del romanzo ti cattura, acceleri nella lettura; vuoi capire come Elwood sia riuscito ad andarsene e, pur non trattandosi di un giallo, la curiosità cresce.

Poi leggi quel paragrafo e ti fermi, sei sicuro di aver letto male -è già capitato- torni indietro e rileggi; ti rendi conto di aver letto bene, per sicurezza leggi per la terza volta le righe chiave. Non ti sei sbagliato, allora ti fermi e ti chiedi come sia possibile; ma basta continuare la lettura perché l’arcano sia svelato. Tutto torna a posto, ma il racconto prende un’altra piega, in parte cambia prospettiva. Ma ormai sei alla fine del romanzo, un racconto con il finale aperto: spetta a te, lettore, dopo che avrai chiuso il libro, scrivere la conclusione nella tua immaginazione tra le due ipotizzate dall’autore.

E adesso che hai chiuso il libro osserverai la copertina e vedrai quello che prima non avevi visto, perché è una splendida sintesi iconografica della narrazione.

 

I ragazzi della Nickel di Colson Whitehead; un libro crudo sulla segregazione razziale in un riformatorio della Florida negli anni sessanta. Il racconto prende spunto da alcuni episodi realmente accaduti che l’autore innesta nel romanzo e che sviluppa attraverso la storia di Elwood Curtis, un ragazzo di colore che finisce per puro caso negli ingranaggi della giustizia e viene spedito al riformatorio.

Il racconto è un continuo susseguirsi di flashback, l’adolescenza del ragazzo e l’esperienza del riformatorio sono inframmezzate da momenti successivi a questi periodi della vita.

Elwood trascorre una tranquilla esistenza da bravo adolescente studioso, nonostante l’abbandono dei genitori, poiché viene allevato dalla nonna che ne controlla la condotta e le amicizie; dopo l’orario scolastico lavora in una edicola, che gli fornisce un’ampia serie di riviste con cui formarsi, tra le quali campeggiano in primo piano le pagine di Life dei tempi d’oro. Questa quotidianità sobria viene interrotta improvvisamente perché accetta un passaggio che gli cambierà la vita per sempre.

Nonostante il racconto sia crudo e per certi versi violento, la leggerezza della scrittura lo rende di veloce e piacevole lettura, non risulta quindi appesantito dalle descrizioni dei soprusi che subivano i ragazzi, vessati dai sorveglianti e immersi in un mondo in cui il bullismo la faceva da padrone. A fare da contrappunto c’è l’amicizia con Turner che appare quasi impensabile in quell’ambiente.

Fanno da sfondo alla narrazione le lotte per i diritti civili e contro la segregazione razziale di Martin Luther King, che fa capolino nel romanzo con i suoi discorsi, per mezzo di un vinile regalatogli dalla nonna, e del quale Elwood è un grande ammiratore. Sarà la lezione di King che gli impedirà di sottomettersi all’ambiente in cui è stato trascinato e di sentirsi come gli schiavi di un tempo che chinavano la testa di fronte al padrone per evitare guai peggiori; non vuole mantenere un profilo basso sentirsi uno schiavo anche se questo gli renderebbe la vita più facile all’interno del riformatorio. Ci prova, ma così facendo va contro la sua natura; non può andare contro il suo destino.

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1 commento

  1. […] più di una recensione per lo stesso libro; il libro del premio Pulitzer 2020 Colson Whitehead già segnalato da Davide Zotto non fa, dunque, eccezione […]

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