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Tradurre Murakami. Intervista a Antonietta Pastore

 

Una delle riviste letterarie più autorevoli del nostro paese ha intervistato Antonietta Pastore traduttrice del grande autore più volte candidato al Nobel. L’occasione è data per la lectio magistralis dell’autore giapponese ad Alba, quando gli è stato conferito premio La Quercia – Lattes Grinzane 2019.Ne anticipiamo ampi stralci ma l’intera intervista è visibile al link in coda all’articolo.

Peter Handke.Canto alla durata

“Canto alla durata” di Peter Handke: archi del tempo e senso del luogo, nel nostro monotono sublime.

di Alberto Cellotto

Curioso destino quello di Gedicht an die Dauer di Peter Handke, uscito per Suhrkamp nel 1986 e proposto già nel 1988 da Braitan, editore di Brazzano (Gorizia). Nel 1995 il libro fu collocato da Einaudi in una collana non segnatamente poetica, sulla scia di un interesse cresciuto per la produzione dello scrittore austriaco, con in copertina la “Linea Infinita” di Piero Manzoni (accostamento visivo facile ma fallace, dirò perché secondo me). A trent’anni dalla sua apparizione quel poemetto è proposto all’interno della aniconica e candida “Collezione di poesia” (1) meglio conosciuta come “Bianca” (con testo a fronte, pp. 72, euro 10, traduzione e postfazione di quell’Hans Kitzmüller che pubblicò per Bollati Boringhieri Peter Handke. Da «Insulti al pubblico» a «Giustizia per la Serbia»).

Il ritorno

Che meraviglia questo racconto così intenso, così tormentoso e dolce allo stesso tempo nella splendida traduzione di Anna Nadotti.
È la descrizione di un ritorno in patria – nella Libia del dopo Gheddafi – dopo un esilio durato più di trent’anni. Un resoconto di grande sensibilità che è quasi un giallo. Una riflessione sulla storia – sulle gravi responsabilità dell’Occidente fin dalle imprese coloniali – e sull’essere figli che disorienta e sorprende spiegandoci perché è necessario confrontarsi con il proprio passato e andare alla ricerca di un padre scomparso che sente vivo nel passato, nel presente e nel futuro. Un padre scomodo che ha sempre amato in modo viscerale il proprio paese, la Libia.

 

La storia dimenticata: Resto qui di Marco Balzano

Mentre gli echi del Premio Strega 2019 si fanno già sentire in vista della sfida a due, l’esito finale potrebbe essere meno scontato del previsto. La presenza tra i 12 semifinalisti di Antonio Scurati, autore di M. Il figlio del secolo (Bompiani), rende meno semplici i consueti pronostici degli addetti ai livori.In ogni caso, Missiroli (che con l’atteso Fedeltà ha diviso la critica ma è stato premiato dai lettori) e Scurati (a sua volta autore di un discusso bestseller, che vede protagonista la figura di Benito Mussolini) dovrebbero giocarsi la vittoria, e sono quindi praticamente certi di un posto in cinquina. Restano due dubbi: in quale misura l’autore di Fedeltà verrà penalizzato dall’etichetta di “favoritissimo”?  Vi terremo informati, nel frattempo vi riproponiamo la recensione di Carla sul libro vincitore della scorda stagione. Un grande libro davvero. ndr.

Ciò che si impara a scuola sulla storia del ‘900 è una goccia nel mare. Nel secolo scorso si sono concentrate tali e tante vicende che approfondirle tutte come meritano richiederebbe un programma di studio vastissimo  e molte più ore di lezione di storia soprattutto alle superiori. Ma la storia è “pericolosa” perché apre gli occhi alle persone e ogni tanto sbuca persino il politico di turno che vorrebbe abolire le ore di storia perché considerata una “materia morta”. Cosa c’entra questa premessa con Resto qui di Marco Balzano? C’entra perché il suo ottimo romanzo racconta alcune delle vicende che non si imparano sui banchi di scuola, la storia della gente altoatesina tra le due guerre mondiali e dopo. Lo fa attraverso la storia di Trina, maestra di Curon, e della sua famiglia. Vi intreccia anche le vicende del lago di Resia, un bacino artificiale riempito nel secondo  dopoguerra allagando i paesi di Resia e Curon.

 

La scrittura testimone del mondo. Il clima secondo Jonathan Franzen

tempo di lettura 10min

Solo dieci anni fa, Jonathan Franzen con David Foster Wallace e Jeffrey Eugenides erano considerati semplicemente un gruppo di romanzieri americani verso la mezza età. Nel diluvio di elogi, ricordi e apprezzamenti che seguirono al suicidio di David Foster Wallace, si manifestò rapidamente una nuova consapevolezza: quella, cioè, che Wallace e i suoi pari, costituivano la generazione letteraria americana dell’era di internet al pari di quella dei Bellow, Updike e Roth che aveva testimoniato la letteratura a stelle e strisce nei decenni successivi alla seconda guerra mondiale.

copertina

Il ritorno di Telemaco

copertinaPrendete Sunset Park, staccate la copertina (se vi riesce di farlo) e incollate le pagine in coda a Follie di Brooklyn.  Lo avete fatto? Bene: andate all’inizio dei due libri, che sono diventati uno solo, e cominciate a leggere.
Mi sembra che Paul Auster abbia voluto scrivere una elegia alla città di NY, dove abita, attraverso due storie verosimilmente uguali sotto il profilo della tensione emotiva, dei luoghi e dei meccanismi psicologici che stanno nella scatola nera dei personaggi.

Revenant, La storia vera di Hugh Glass e della sua vendetta

“Vide gli orsacchiotti prima di vedere la loro madre. Erano due, e si precipitarono verso di lui a balzelloni, latrando come cani giocherelloni. Erano stati partoriti quella primavera, e a cinque mesi pesavano un centinaio di libbre ciascuno. Si mordicchiavano a vicenda mentre si dirigevano verso Glass, e per un brevissimo istante la scena parve quasi comica. Ipnotizzato dalle turbinose capriole dei cuccioli, Glass non aveva ancora rivolto lo sguardo verso l’estremità della radura, cinquanta metri piú in là. E neppure aveva preso in considerazione quel che la loro presenza doveva certamente implicare. A un tratto lo capì. Fu attanagliato da un senso di vuoto allo stomaco mezzo secondo prima che giungesse fino a lui il primo fragoroso bramito. Immediatamente i cuccioli si bloccarono, a tre metri scarsi da Glass. Ignorandoli, lui si voltò a guardare la boscaglia all’altro capo della radura…”

Le tre del mattino

di Bruna Mozzi

E’ la notte il momento che Gianrico Carofiglio sceglie per questo suo romanzo; le tenebre che, con il loro trascorrere, fanno avvicinare i due protagonisti, un padre e un figlio. Forse, dopo, i due non saranno più come prima: un ragazzo adolescente che cresce e un uomo sulla cinquantina che matura.

E’ l’età topica di tante coppie di padri e figli, da Telemaco che cerca il padre Ulisse a Zeno che con il padre litiga fino a riceverne uno schiaffo sul letto di morte a Kafka che accusa il genitore di avergli imposto una vita non voluta. Un evergreen che hanno affrontato anche i contemporanei: ad esempio il Michele di “Io non ho paura” o la giovane figlia nel romanzo “Pura vita” di De Carlo.

Podcast. Scrivere Jazz. La splendida passione di Murakami

Ed io che pensavo di essere stata originale! Qualcuno più importante di me ha scritto esattamente quello che da un pezzo questa rubrica si ingegna di fare. Ed è la ragione del mio ammunitamento dalla rubrica, senza contare che un po’ di congedo serviva comunque per una pausa di riflessione. Il fatto che mi stiate leggendo è segno di questa riconciliazione con il web e non me ne vogliano i colleghi di questo splendido sito per la mia assenza. Siamo in cammino, come ama dire il mio due di coppia.

Lo scrittore giapponese e il suo amore per il jazz – “La musica di Chet Baker aveva un inconfondibile profumo di giovinezza” – “Miles conficca senza pietà il suo cuneo magico nelle incrinature dell’animo” – “Mi è venuta una voglia terribile di ascoltare La Mer suonata da Django Reinhardt…”