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Irène Némirovsky, Il calore del sangue

Quest’anno l’autunno è precoce. Mi alzo prima dell’alba e passeggio per la campagna, tra campi che sono stati di proprietà della mia famiglia per generazioni, e oggi sono posseduti e coltivati da estranei. Non posso dire di soffrirne: solo, di tanto in tanto, ho una lieve stretta al cuore… Non rimpiango il tempo perso in cerca di fortuna, a comprare cavalli in Canada, a trafficare in olio di cocco nel Pacifico. A vent’anni la voglia di andarmene e la noia soffocante della provincia mi attanagliavano al punto che se mi avessero costretto a restare qui ne sarei morto, credo. Mio padre non c’era più, e mia madre non riuscì a trattenermi. « È come una malattia,» mi diceva, impaurita, quando la supplicavo di darmi del denaro e lasciarmi partire «abbi un po’ di pazienza e ti passerà».

Irène Némirovsky, Come le mosche d’autunno

L’appartamento era piccolo, buio, soffocante; odorava di polvere, di vecchie stoffe; i soffitti bassi sembravano pesare sulla testa; dalle finestre si vedeva il cortile, lungo e stretto, con i muri imbiancati a calce che riflettevano spietatamente il sole di luglio. Fin dal mattino venivano chiuse imposte e finestre, e in quelle quattro stanzette buie i Karin vivacchiavano fino a sera, senza uscire, sconcertati dai rumori di Parigi, respirando con fastidio il tanfo degli scarichi e delle cucine che saliva dal cortile. Camminavano avanti e indietro da una parete all’altra, in silenzio, come le mosche d’autunno, allorché, passati il caldo e la luce dell’estate, svolazzano a fatica, esauste e irritate, sbattendo contro i vetri e trascinando le ali senza vita.

Irène Némirowsky I cani e i lupi

Con questa recensione Paola Mattiazzo inizia la sua collaborazione con BookAvenue. Benvenuta!

Harry alzò gli occhi e riconobbe la bambina intravista due anni prima, la bambina scarmigliata, sudicia di polvere, con le mani graffiate, che era saltata fuori da un mondo spaventoso, ripugnante, un mondo di sudore, di sporcizia e di sangue, così lontano da lui eppure, in un certo modo misterioso e temibile, a lui affine. Gli si rizzarono i capelli in testa, come a un cagnolino, ben nutrito e curato, che sente nella foresta l’ululato famelico dei lupi, i suoi fratelli selvaggi. Indietreggiò di scatto.

Ada Sinner è una bambina ebrea, figlia di Israel, un intermediario vedovo. Vive nella parte bassa di Kiev, il quartiere dei poveri, e accompagna quotidianamente il padre nello svolgimento della propria frenetica attività. La famiglia di Ada – composta dal padre, dal nonno e dalla domestica – vive in una casa situata sopra la modesta gioielleria del nonno. La famiglia si allargherà allorquando la zia Raisa – vedova del fratello di Israel – verrà a vivere con loro insieme ai propri due figli: Lilla e Ben.

A volte ritorno

Devo delle scuse manco da tempo, ma, per fortuna (iniziamo a divertirci davvero…) e purtroppo (familiari e amici torneranno a vedermi dopo le feste…) in libreria è a tutti gli effetti Natale. Trascorro poche ore lontana dalle pile di libri che affollano i tavoli, e quelle poche le dedico al sonno, lo ammetto.
Però ho da darvi le ultime su un paio di letture irrinunciabili…

foto autore

Iréne Nemirovsky, Suite francese

foto autoredal risvolto di copertina

Nei mesi che precedettero il suo arresto e la deportazione ad Auschwitz, Irène Némirovsky compose febbrilmente i primi due romanzi di una grande «sinfonia in cinque movimenti» che doveva narrare, quasi in presa diretta, il destino di una nazione, la Francia, sotto l’occupazione nazista: Tempesta in giugno (che racconta la fuga in massa dei parigini alla vigilia dell’arrivo dei tedeschi) e Dolce (il cui nucleo centrale è la passione, tanto più bruciante quanto più soffocata, che lega una «sposa di guerra» a un ufficiale tedesco). La pubblicazione, a sessant’anni di distanza, di Suite francese, il volume che li riunisce, è stata in Francia un vero evento letterario. Non è difficile capire perché: con Suite francese ci troviamo di fronte al grande «romanzo popolare» nella sua accezione più nobile: un possente affresco, folto di personaggi memorabili, denso di storie avvincenti, dotato di un ritmo impeccabile, nel quale vediamo intrecciarsi i destini di una moltitudine di individui travolti dalla Storia. Su tutti – il ricco banchiere e il giovane prete, la grande cocotte e la contadina innamorata, lo scrittore vanesio e il ragazzo che vuole andare al fronte e scopre invece le gioie della carne fra le braccia generose di una donna di facili costumi – Irène Némirovsky posa uno sguardo che è insieme lucidissimo e visionario, mostrandoci uno spettro variegato di possibilità dell’uomo: il cinismo, la meschinità, la vigliaccheria, l’arroganza e la vanità, ma anche l’eroismo, l’amore e la pietà. «La cosa più importante, qui, e la più interessante» scriveva la Némirovsky due giorni prima di essere arrestata «è che gli eventi storici, rivoluzionari, ecc. sono appena sfiorati, mentre viene investigata la vita quotidiana, affettiva, e soprattutto la commedia che questa mette in scena».