Il fascino delle cose non dette

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Nel 1927, a cinquantadue anni, Maurice Ravel, una vita vissuta esclusivamente per la creazione artistica, è all’apice della sua carriera di musicista e compositore. Con Stravinskij è il più ammirato al mondo e la sua foto si trova spesso sui giornali.
Ha un viso affilato e occhi scuri, mobili, irrequieti, sopracciglia folte, capelli lisci all’indietro che lasciano scoperta la fronte alta, labbra sottili, orecchie a sventola prive di lobi, colorito pallido.

Ravel è in attesa che la nave parta e indugia per un po’ nel fumoir dalle pareti di mogano con intarsi di madreperla. Si fuma ancora un paio delle sue gauloise e, dal modo in cui qualcuni dei presenti lo fissa o distolglie lo sguardo, capisce subito che l’hanno riconosciuto.

Si capisce che è un tipo distaccato, garbato, eccentrico, burbero, non certo un chiacchierone. Un vero artista dandy, elegante, distinto e impeccabile ventiquattr’ore su ventiquattro.

Ravel ha sempre seguito, se non addirittura anticipato, le tendenze della moda. E’ stato il primo in Francia a portare camicie pastello, il primo a vestirsi tutto di bianco. Sotto questo aspetto, è sempre stato molto attento e minuzioso. Lo si è visto, da giovane, in frac e gilet neri, camicia con jabot, gibus e guanti color burro…

Bestseller in Francia, Ravel è una evocazione affascinante e originale degli ultimi dieci anni nella vita di un genio musicale scritta dal celebre romanziere Jean Echenoz, vincitore del Prix Goncourt.
Echenoz, con Ravel, ci ha donato una delle più singolari, meravigliose e inaspettate letture degli ultimi anni. Un “piccolo miracolo” scritto con incantevole fantasia e con uno stile sottile, minimo, accurato e puro in ogni dettaglio.

Non è però solo un ritratto bizzarro di un famoso musicista che affronta gli alti e i bassi della sua illustre carriera, ma un addio toccante a un uomo dignitoso e solitario sempre riservato nell’esternare i propri sentimenti e i suoi giudizi, che non faceva complimenti e non amava riceverne. Un uomo, Ravel, che si esprimeva attraverso il linguaggio della musica. Una musica che nasceva dal travaglio della più ricercata perfezione e allude al tormentoso fascino delle cose non dette, delle cose che avrebbero potuto essere, ma che non sono accadute.

Jean Echenoz
Ravel
(traduzione di Giorgio Pinotti)
Adelphi
2012

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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