E' un romanzo brillante (scritto quando la Smith aveva solo ventiquattro anni, quasi in contemporanea alla sua tesi di laurea) che racchiude tutta la ricchezza, la diversità e l'assurdità della vita moderna.
Un libro pieno di allusioni letterarie (che vanno da Shakespeare a Salman Rushdie e a Yeats, da EM Forster a PG Wodehouse) che aggiungono ulteriori strati di significato a un romanzo già di per sé molto gratificante.
Un libro sul multiculturalismo che fa capire quanto la diversità sia in grado di arricchire l'umanità.
I suoi personaggi, ognuno alle prese con la propria crisi esistenziale, riempiono le strade, i negozi, le caffetterie e le case a nord di Londra in un mondo a cui tutti siamo indissolubilmente legati.
Zadie Smith esamina attentamente le cause della rabbia, della sfiducia, della perdita di identità e del senso di smarrimento (ma anche del fondamentalismo religioso e della violenza) di certe comunità di immigrati e lo fa con ironia e intuito straordinari.
La sua prosa ricorda EM Forster per la dolcezza e la gentilezza con cui disegna alcuni suoi personaggi, ma anche Kurt Vonnegut per come descrive la follia umana.
"Denti bianchi" è un romanzo molto radicato nella memoria e nel passato, tante piccole storie nella storia che mescolano pathos e umorismo con ritmo vivace e fanno "vedere" come il mondo non è esclusivamente bianco.Zadie Smith, Denti bianchi, 552 p., traduzione di L. Grimaldi, Mondadori (collana Piccola biblioteca oscar).