Una ragnatela fatta di sogno

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   Tempo di lettura: 2 minuti

copertina“La casa del sonno” di Jonathan Coe è una storia con dei colpi di scena sorprendenti, un libro non immediatamente accessibile, spesso sconcertante, a volte commovente, in certi frangenti indecifrabile.
Coe scrive in modo affascinante (ferocemente intelligente, mi verrebbe da dire) tessendo una ragnatela fatta di sogno, realtà e incomprensioni che si snoda lentamente (e molto elegantemente), ma non è sempre facile da seguire.

Ashdown è una casa appollaiata su un precipizio che si affaccia sulla costa inglese, una sorta di castello gotico spazzato dall’antico vento marino. Un tempo era un alloggio universitario e ora è sede di una clinica per disturbi del sonno gestita dal dottor Gregory Dudden, un ex studente della casa.
Un gruppo di studenti, nel corso degli anni ’80, si incontrano proprio qui sfiorandosi e spesso ignorandosi.

C’è Sarah, che non distingue i propri sogni dalla realtà, il sadico Gregory, Terry, un cinefilo che dorme almeno quattordici ore un giorno, sognando cose che poi non riesce mai a ricordare, e Robert, un ragazzo sensibile che ama Sarah e farebbe qualsiasi cosa per averla.
La nota dell’autore all’inizio del libro ci avverte subito che i capitoli pari sono ambientati negli anni ’80 e quelli dispari ci descrivono come le vite degli ex studenti hanno continuato a intrecciarsi negli anni ’90.
Passato e presente si intersecano continuamente fra loro e il risultato è talvolta sconcertante, sempre coinvolgente, spesso divertente.

Come la maggior parte romanzi di Coe, ne “La casa del sonno” si incontrano una varietà di personaggi davvero interessanti, un ménage di persone le cui vite sono inestricabilmente intrecciate e intrise di umana fragilità.
C’è da dire che Coe scrive dei suoi personaggi femminili con una grazia e una comprensione reali. Ma anche che richiama alla mente la scrittura ironica di Wodehouse e anche una certa satira sociale più crudele sullo stampo di Waugh.
Con “La casa del sonno” ha scritto un arguto, romanzo, tanto coinvolgente e intrigante da rinvigorire il vecchio adagio che la vita è un sogno.

La casa del sonno di Jonathan Coe, Feltrinelli, traduzione di Domenico Scarpa.

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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