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Un sorprendente, spiazzante McEwan, che riprende uno dei topoi più produttivi e longevi della tradizione letteraria - quello dell’Amleto di Shakespeare - rielaborandone la trama in qualcosa di curioso e inatteso che colpisce per la raffinata evoluzione del pensiero e del sentimento.
«O Dio! Io potrei essere confinato in un guscio di noce e credermi re di uno spazio infinito… se non fosse che faccio brutti sogni». La citazione amletica è già un programma, allo stesso modo della madre Trudy (come Gertrude, la madre di Amleto) e dello zio Claude (lo zio Claudio della tragedia shakespeariana) che un po’ ricordano anche Macbeth e Lady Macbeth (sempre Shakespeare docet), ovvero crudeltà e virilità a confronto, tradimento, desiderio di vendetta, cupidigia e gelosie... un intrico magmatico in cui due identità perdono i rispettivi confini.
Chi narra la storia è un bambino non ancora nato che ci parla da dentro il ventre materno narrandoci di sua madre e suo zio (che è l'amante della madre) che stanno pianificando di uccidere suo padre. E da qui iniziano tutta una serie di accadimenti con le caratteristiche stringenti di un thriller mozzafiato che fa riflettere e che ti cambia l'ordine delle idee.
Ian McEwan, Nel guscio, traduzione di Susanna Basso, Einaudi 2017.