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In movimento

   Tempo di lettura: 4 minuti

Da bambino, nel collegio dov’ero stato mandato durante la guerra, provavo una sensazione di prigionia e impotenza, e desideravo con tutto me stesso movimento ed energia, libertà di muovermi e poteri sovrumani. Godevo fugacemente di queste cose quando sognavo di volare e, in modo diverso, quando andavo a cavalcare nel villaggio vicino alla scuola. Mi piacevano la forza e l’agilità del mio cavallo, e posso ancora evocare quel suo procedere fluido e gioioso, il suo tepore e il sito buon odore di fieno.
Soprattutto, però, mi piacevano le moto. Prima della guerra mio padre ne aveva avuta una, una Scott Flying Squirrel con un grosso motore raffreddato ad acqua e uno scappamento da urlo, e anch’io desideravo possedere una moto potente. Immagini di motociclette, aeroplani e cavalli si fondevano nella mia mente come quelle di motociclisti, cowboy e piloti, che io fantasticavo avessero un controllo precario e al tempo stesso trionfante sulle loro potenti cavalcature. La mia immaginazione di bambino si nutriva di western e film su eroici duelli aerei, dove i piloti rischiavano la vita a bordo degli Hurricane e degli Spitfire, protetti dalle loro pesanti giacche da aviatori, proprio come i motociclisti lo erano da giacche di pelle e caschi.

Oliver Sacks è stato uno dei pensatori più importanti del nostro tempo, tra le menti più brillanti delle neuroscienze nell’ultimo secolo. Apprezzato per la sua attività divulgativa, ha cercato di farci capire il cervello, la malattia e la vicinanza con i suoi pazienti. Soprattutto, ha voluto farci immaginare e percepire un certo mondo da prospettive completamente diverse.  
La sua prosa è vivida e convincente. Emotiva, ma allo stesso tempo raccolta, calibrata.
In movimento è una brillante autobiografia — può anche essere definita una testimonianza espressamente ‘veritiera’ — che mostra il lato ‘umano’ di Sacks con i suoi entusiasmi, i suoi dubbi, i suoi successi e le sue fragilità.
Tra le pagine lo seguiamo e accompagniamo dalla sua infanzia fino al raggiungimento della maggiore età raccogliendo i suoi pensieri e le sue confidenze.
“Anche se ero considerato intelligente, dal punto di vista intellettuale non ero mai stato molto sicuro di me. Come Jonathan Miller ed Eric Korn, i miei due amici più cari dei tempi di scuola, ero completamente assorbito dalla scienza e dalla letteratura.”
Sacks ci fa conoscere pagine piene di vita e di affetto, di amici e di familiari. Pagine intime e toccanti ricche di un costante senso di gioia in cui la tensione linguistica è pari all’interesse antropologico.
“Quando si invecchia gli anni sembrano confondersi gli uni con gli altri, ma il 1972 rimane inciso con chiarezza nella mia memoria. I tre anni precedenti erano stati un periodo di enorme intensità, con i risvegli e le tribolazioni dei miei pazienti; un’esperienza del genere non capita due volte — di solito, nemmeno una — nell’arco di una vita. Il valore, la profondità, l’intensità e la portata di quegli eventi mi fecero capire che in un modo o nell’altro dovevo raccontarli, ma non riuscivo a immaginare una forma appropriata, una forma che potesse combinare da un lato l’obiettività della scienza e dall’altro l’intensa sensazione di contatto umano, la vicinanza tra me e i pazienti e l’autentica meraviglia (e a volte la tragedia) di tutta la vicenda.”
Un libro ricco di emozioni, di significati e di messaggi.

Oliver Sacks, In movimento, traduzione di Isabella C. Blum, Biblioteca Adelphi, Adelphi 2015.

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