Intanto l'aglio a Tiantang marcisce invenduto sotto il sole e si sente un tanfo di putrefazione che sembra avvolgere ogni cosa...
Colpisce sempre leggere Mo Yan e tutte sue queste sue atmosfere sotto cui accatasta un universo di immagini. I momenti di cui scrive restano incisi nella memoria, fanno pensare perché sono fragili, delicati, indifesi. Il loro fascino, spesso, non sta nella loro sostanza, ma nella musica continua e indeterminata che li avvolge.
Poi, ad un tratto, dal cielo scende una luce implacabile, che accieca e non dà spazio all'ombra. E le cose appaiono lontanissime, rimpiccolite, scolorite, sbiadite, senza il robusto rilievo dei contorni...
Mo Yan, Le canzoni dell'aglio, traduzione di Maria Rita Masci, Supercoralli, Einaudi 2014.