Je m’appelle Hamed

   Tempo di lettura: 3 minuti

La sequenza tocca lo stomaco. I due terroristi escono dall’auto che hanno rubato poco prima e kalashnikov al braccio, sparano ad altezza uomo contro un poliziotto di strada che cade a terra colpito. Urla dal dolore mentre i due incappucciati e vestiti di nero si avvicinano. Uno dei due gli passa accanto e con naturale freddezza lo finisce sparandogli alla testa.
Questo è accaduto a Parigi solo qualche ora fa. Il resto è la cronaca.

Il mio libro dell’anno di un paio di anni fa è stato Straniero alla mia storia di Aatish Tasser, un giornalista inglese di origini pachistane del Punjab, la regione insanguinata del nord Pakistan. Molti, forse, ricorderanno il nome di suo padre, Il governatore della regione Tasser assassinato dalla sua guardia del corpo all’indomani della sua presa di posizione a favore di una donna violentata da un fondamentalista che rischiava pure la pena di morte per aver denunciato il suo aguzzino.>>

Il libro è magnifico; Tasser scrive del suo viaggio nelle terre dell’Islam alla ricerca delle sue radici culturali: lo intraprese dalla Siria fino a Lahore, città capoluogo del Punjab e di residenza di suo padre. All’inizio non capii la sua critica alla paura di quei Paesi di accettare la modernità come una via alla riscoperta della propria civiltà, delle loro terre e del ritardo accumulato a causa del fondamentalismo. Cercò di spiegare la difficile via della comprensione e moderazione come scelta di rinuncia alla violenza e soluzione di questo conflitto. Il libro, pur piacendomi molto, m’irritò. Non credevo alle parole dell’Autore. Capii dopo quanta ragione avesse: me lo spiegarono i civili siriani morti in una carneficina tra fratelli.

A leggere le cronache di queste ore di quello che è accaduto a Parigi, tornano alla mente le parole profetiche del libro e della paura che questo fondamentalismo genera, spogliato delle vesti di quei paesi lontani per vestire i nostri. E’ il terrorismo di casa nostra, quello nato e cresciuto alla porta affianco; quello già manifestatosi nei barbari atti compiuti a Londra nel 2005 con le bombe alla metro e al bus che diedero all’autore la spinta per la sua ricerca, che temiamo mentre guardiamo quello che accadde a Londra allora e a Parigi ora.

Con lo stesso sgomento osserviamo questa barbarie che non conosce la pietas mentre uccide un musulmano già a terra ferito. Era un poliziotto di origini arabe: si chiamava Hamed.

per BookAvenue, Michele Genchi

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