Ma le donne sono ancora invisibili

michela murgia
   Tempo di lettura: 4 minuti

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di Michela Murgia

Per poter dare il concorso per diventare insegnanti si dovranno studiare 35 scrittori italiani, di cui solo una è donna: Elsa Morante. E’ un fatto di questi giorni e il mondo intellettuale ci si è scomposto poco, fatte salve le donne intellettuali, che giustamente pretendono che lo sguardo sessista cambi di più proprio dove pretende di formare gli sguardi degli uomini e delle donne che verranno.

Su Lìberos hanno ripreso l’articolo comparso sulla Nuova Sardegna a firma di Elisabetta Addis. L’ho ripreso sulla mia pagina Facebook e si sono scatenate reazioni di segno opposto, come sempre in misura più violenta e netta di ogni altro argomento che discuto. Chi dice che non posso pretendere che il canone racconti una storia che non c’è stata, cioè che narri di donne influenti laddove sono state marginali. Chi dice che non si può togliere Fenoglio per far posto alla Ginzburg, perchè lei dopottutto non è così superiore da poter dire che scegliere lui costituisca uno scandalo. Chi dice altre cose, più o meno motivate, ma comunque discordi rispetto all’idea che un canone letterario debba essere composto sul principio delle quote rosa.

Io invece le quote rosa in un canone che serva all’abilitazione degli insegnanti le pretendo, e questo non vuol dire mistificare la storia trascorsa, ma gettare i semi del cambiamento di quella che verrà. Se i 35 nomi fossero una lista degli autori più influenti degli ultimi seicento anni, non avrei avuto niente da ridire: che le donne siano state escluse dalla possibilità di dotarsi di strumenti per esercitare qualsivoglia influenza, in letteratura come altrove, è una verità storica che può infastidirci, ma che non possiamo cambiare. Sono poche perché poche hanno potuto essere. Amen.

Però quell’elenco viene indicato come programma di preparazione a un esame per diventare insegnante, quindi non è più la radiografia storica della letteratura di un paese: è la lista degli autori che serviranno a parlare di letteratura ai figli che verranno. Su questo piano quell’elenco va discusso, perché è uno schema che contiene la richiesta implicita della sua perpetuazione. Chi stabilisce canoni – ammesso che canoni sia giusto stabilire in letteratura – ha la responsabilità di offrire uno spettro che orienti al futuro, salvando dal passato tutto quello che al futuro servirà e, se necessario, anche facendone giustizia. Un canone per il 99% maschile perpetua l’idea che le donne non facciano bene letteratura. Conferma il pregiudizio che scrivano peggio e di cose che interessano una minoranza. Conferma come dominante l’immaginario narrativo di un solo genere di persone, e non di tutti quelli possibili.

Paola Masino fu censurata dal regime fascista, ma ha scritto un capolavoro come “Nascita e morte della massaia”, che era avanguardia prima dell’avanguardismo e sperimentale prima dello sperimentalismo. La sua cancellazione storica è un dato del passato, ma non può essere assunta a canone oggi: quel libro va letto e va fatto leggere, perché oggi non siamo più fascisti. Anna Maria Ortese può essere ignorata da un canone che oggi voglia formare gli insegnanti a uno sguardo meno miope sulla letteratura italiana? Possiamo permetterci di dire, come qualcuno mi ha detto su Facebook, che la Ginzbourg non è così superiore a Fenoglio da gridare allo scandalo perché nel canone c’è lui e non lei? Di quanto esattamente deve essere superiore una scrittrice a uno scrittore perché possa chiamarsi scandalo la scelta aprioristica di preferire comunque l’uomo?

Così com’è, quel canone non dice solo che quello che hanno scritto gli uomini che vi compaiono merita di essere letto. Dice soprattutto che quello che hanno scritto le donne che non vi compaiono può continuare a non essere letto.

Michela Murgia

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