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L’economista giusto

   Tempo di lettura: 7 minuti

“Chissà chissà domani, su che cosa metteremo le mani”

E’ ancora forte la commozione per l’improvvisa scomparsa di Lucio Dalla, ma questa sua frase offre a chi scrive un sentiero da percorrere per capire “cosa sarà”. 
Con uno stile che cerca di ricordare, almeno da lontano, quello del vivace e attuale Edmondo Berselli, si vuole, con queste righe, tornare a parlare di Paolo Sylos Labini e delle sue immense qualità che emergono giornalmente quando si tenta di dare una spiegazione agli eventi presenti e futuri.
In questa disamina, vengono in soccorso, come fiaccole nel buio, le parole di Giorgio Ruffolo che spesso con frasi immediate riesce a dare enormi spunti per capire “gli anni che verranno” sulla base di quanto ci ha insegnato il maestro che qui si ricorda.

In questo senso egli afferma che ” voglio accennare a Paolo Sylos Labini come grande economista. Per dire due cose soltanto. La prima è che almeno su tre fronti, quello della teoria delle forme di mercato, della teoria dell’occupazione, della teoria del sottosviluppo, avrebbe ben meritato il premio Nobel. La seconda cosa […] riguarda il tema del confronto tra economia classica ed economia neo classica […] la spiegazione mi pare traspaia dalle pagine di Sylos Labini, come da quelle del suo grande amico Federico Caffè. E’ la funzione ideologica. Spiegare che non c’è proprio niente da fare politicamente, che il mercato bisogna lasciarlo in pace, mama knows best, è il meglio per chi già se la passa bene”.
Da queste parole introduttive si può comprendere la “Sapienza” dell’economista e dell’uomo. Saper vedere la realtà con lo sguardo e l’impegno civile di chi conosce come va il mondo e come potrebbe andare. Una mission possiamo ben dirlo al servizio del Paese, di questo nostro Paese! “con la sua illegalità onnivora, con la sua proliferazione di furbi, furboni e furbetti”. E quest’ultimi, malgrado il diminuitivo, spesso più pericolosi!
Osserva acutamente Giacomo Becattini a proposito di Sylos ” A parte il coraggio delle proprie idee, anche quando impopolari, io ammiro soprattutto la capacità di Sylos di cogliere quei segnali sulle frontiere della sua disciplina. Questo è per me il suo principale insegnamento: rispettare e adoperare quando è il caso, la buona, sana, teoria economica, ma non disdegnare segnali che vengano da altre discipline, ne quelli che vengano dal nudo buon senso. Ciò denota uno stile di pensiero a 360 gradi, che differenzia nettamente Sylos dal mero tecnico dell’economia, rinchiuso nella griglia di statistiche economiche, costruite sempre su teorie economiche del passato”
Insomma, Sylos Labini ha sempre avuto una visione “giovane” moderna anche quando le sue primavere aumentavano, denunciando il deficit strutturale del “pensiero dominante” attraverso i suoi studi che costituiscono ancora oggi un valore aggiunto, un servizio per il Paese.
Meriterebbe tale punto un maggiore approfondimento sulle principali vulcaniche innovazioni di economista politico con i capisaldi di libertà e giustizia, anche nel più ampio concetto di mercato, con gli occhi puntati sulla nobiltà della ricerca e, su questo, come non pensare al sodalizio con Nino Andreatta per la battaglia di una scuola degna delle più altre tradizioni italiane.
Con l’idea di fondo, come è stato giustamente osservato, che il fine dello sviluppo economico non sia la semplice soddisfazione dei bisogni umani, bensì lo sviluppo civile, secondo la lezione fondamentale di Adam Smith e dunque ragionare non in termini di causa effetto ma di interazione.
Lo stesso Sylos lucidamente affermava che “è la legge che crea gli argini tra i quali scorre l’acqua dell’economia; senza quegli argini, l’acqua diventa palude o da luogo a inondazioni.”
Per lui lo sviluppo civile influisce positivamente sullo sviluppo economico attraverso tre canali: le istituzioni, la cultura e la morale.
Va da se che il mercato rappresenta proprio il teatro fondamentale in cui quegli argini “isttituzionali” che debbono essere ben definiti per avere regole ben congegnate evitando esondamenti che danneggiano i più e favoriscono i pochi, perché quando piove, sui poveri piovono pietre dice un proverbio inglese.
C’è dunque una interazione necessaria tra sviluppo civile e cultura rappresentata in primo luogo dall’istruzione e dalla formazione distinta in due macroaree: umanistica e scientifica. Quest’ultima incide specificatamente sullo sviluppo economico e laddove vi è carenza di istruzione vi è conseguentemente una povertà dalla quale è difficile uscire.
La corruzione a tutti i livelli principale piaga della morale frena lo sviluppo economico e impedisce la necessaria convergenza fra sviluppo economico e sviluppo civile. Ne sappiamo qualcosa e dal 2005, anno in cui Sylol ci ha lasciato, ne abbiamo viste di mani poco pulite!
Chissà cosa direbbe Sylos Labini in questi tempi di divario sociale. Lui che ha studiato molto da vicino le vicende delle classi sociali puntando ( rimanendo spesso inascoltato ma non per questo meno tenace) a rimuovere la diseguaglianza nella distribuzione del reddito.
In tempi di spread e di speculazioni da ogni dove, Sylos avrebbe certamente invocato la creazione di argini.
Argini che sono stati abbondantemente superati da scelte inconsulte, da anni di inerzia e di perenne “carnevale” della politica che ha perso la faccia e ha messo una maschera facendo sprofondare il Paese nella palude della vergogna e della frattura sociale.
Con il risulato che oggi la maggioranza è più povera così come aveva previsto anche il caro Berselli nelle ultime e profetiche righe del postumo “L’Economia Giusta”.
Ecco, allora che il concetto di giustizia sociale torna a campeggiare quando si pensa a uomini concreti e responsabili come Sylos Labini. Con il senso delle istituzioni, con la generosità di “condividere” la cultura con i giovani senza mai risparmiarsi. Mettendo al centro la morale, l’etica assolutamente connessa con l’economia. Per tutto questo, parafrasando Adam Smith, Paolo Sylos Labini è stato non solo un economista giusto ma una vera Ricchezza della Nazione.
ANTONIO CAPITANO

 

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