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GUERRA: giochi di parole intorno alla devastazione

   Tempo di lettura: 3 minuti

Attorno alla parola Guerra e ai suoi strumenti, ruota il principale e più micidiale equivoco dell’umanità. Che cos’è una guerra? Quand’è che lo scontro tra gruppi armati ha diritto di al titolo ufficiale di guerra? “Guerra: scontro armato fra eserciti di due o più Stati”. Sarebbero gli Stati, dunque, a fare la guerra. Fosse per il Devoto Oli o lo Zingarelli, l’ultima “guerra vera” sarebbe poi quella mondiale, la seconda. Dal 1945 in poi, nessuno Stato ha dichiarato ufficialmente guerra a un altro Stato, eppure da allora abbiamo avuto centinaia di guerre. Le ho contate, e sono state ben 160.

Guerre che stando al vocabolario non possono essere chiamate guerre, ma che hanno prodotto decine di milioni di morti, di feriti, di mutililati e profughi. Anche se ciò che è accaduto a Gaza è una guerra-non guerra condotta da uno Stato contro un non-Stato. Fosse anche le vittime di quelle “Guerre-non guerre”, siano “Morti non-morti”?
Stando al vocabolario della diplomazia internazionale, quelle di Corea e del Vietnam non sono state guerre. Come non è stata guerra l’intervento militare della coalizione internazionale guidata dagli Usa, nel 1991, contro l’Iraq che aveva invaso il Kuwait, o i bombardamenti della Nato sulla Jugoslavia, nel 1999, o l’intervento americano del 2000-2001 in Afghanistan (e che da allora continua a impegnare l’occidente), e l’azione armata nuovamente in Iraq nel 2003. Se quelle guerre non si possono chiamare guerre, un trucco deve esserci. Giochi di prestigio con le parole. Con la scusa di trovare sinonimi alla parola guerra ho scritto di “conflitto”, “intervento militare”, “bombardamenti”, “azione armata” dell’uno contro l’altro, e su quelle guerre vi ho già propinato una versione tutta mia. Le Guerre Ufficiali e quelle che non hanno diritto al titolo, realizzano in ogni caso sempre lo stesso prodotto: morte e distruzioni.
A fare la differenza non è neppure il numero della gente che si ammazza. Dall’antichità sappiamo di guerre tra piccolissimi eserciti o affidate alla sfida di pochi “campioni” e sappiamo anche di assalti di predoni con migliaia di protagonisti. La differenza tra una Guerra Ufficiale e la violenza di bande armate non è dunque legata alle dimensioni. Saranno le ragioni dell’uso della forza a fare la differenza? Il predone in cerca di bottino, mentre gli eserciti cosa cercano? Le legioni romane e prima di loro gli eserciti greci, persiani o egiziani imponevano ai popoli vinti la loro supremazia, la loro lingua e le loro regole. Oggi potremmo parlare di petrolio o di “sicurezza”. Perfino di democrazia. L’atto di preda è considerato episodio di cronaca nera. La violenza meglio organizzata, quelle che mette in riga i suoi protagonisti armati dietro qualche buona ragione e una bandiera, è considerata dramma di cui scrivere e attraverso cui “fare la storia”. La cronaca finisce sul giornale e il giorno dopo incarta l’insalata, la Storia che è scritta sui libri spesso incarta la verità. La guerra che non ottiene una cronaca onesta nei confronti di chi la subisce, finisce per svilire chi la fa e ne condiziona il racconto.
Come la prossima minacciata alla Libia con la scusa di andare a proteggere la popolazione. Appunto.

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