Autrice di poesie, racconti e otto romanzi, tra i quali I vagabondi (Bompiani, per cui aveva vinto il Man Booker International Prize), Tokarczuk è anche un’attivista. La sera stessa del Nobel aveva detto di dedicarlo ai polacchi perché votassero «a favore della democrazia». Il riferimento era alle elezioni politiche di due giorni fa nel suo Paese, che la scrittrice ha definito le «più importanti dalla caduta del comunismo». Elezioni andate poi in senso contrario a quanto lei auspicava, con l’affermazione dei nazionalisti.
Politica e letteratura, dunque, nell’anno dei due Nobel, mentre il secondo — quello per il 2019, a Peter Handke — non smette di scatenare polemiche. Dopo le critiche di scrittori come Salman Rushdie e le condanne di Bosnia-Erzegovina e Kosovo per le posizioni filo serbe e in difesa di Milosevic, che Handke espresse sul conflitto nella ex Jugoslavia, è arrivata la condanna della Croazia.
E il 14 ottobre a Francoforte è andato a Sasa Stanisic — bosniaco naturalizzato tedesco, che scappò in Germania proprio durante le guerre degli anni Novanta — il Premio al miglior titolo tedesco dell’Associazione commercio librai. Lo ha vinto per Herkunft (Luchterhand), in cui racconta quella disperata fuga. E nel discorso di accettazione ha criticato il Nobel ad Handke: «Sono scioccato».