Osservo, ascolto, indago, ma apparentemente sembra tutto perfettamente uguale agli anni passati. Dall’accoglienza dei nuovi alunni in aula magna alle prime riunioni collegiali, i rituali si ripetono tutti allo stesso modo anche nella “buona scuola”. Eppure una novità c’è: quest’anno si corre. Su e giù per i piani, aula 83, 58, 72, i progetti, le programmazioni, le scadenze… Si ha l’impressione di dover tagliare un traguardo. Anche le Rappresentanze sindacali hanno fretta di convocare già le prime assemblee. Eh sì, perché da quest’anno i docenti “meritevoli” saranno valutati per poter accedere al cosiddetto bonus (si legga qualche decina di euro in più all’anno). Vedo già alcuni colleghi sgomitare per entrare nelle grazie del famigerato Comitato di valutazione, altri fuggire indignati in nome della libertà d’insegnamento. In ogni caso si correrà, se pure in direzioni opposte.
Dopo due settimane dal suono della prima campanella “riformata”, si oscilla tra la certezza dei soliti problemi irrisolti e l’incertezza di un futuro nebuloso. E non è affatto una bella sensazione. Però, tra stress e frustrazioni, mi viene in aiuto il messaggio di M. S., un’ex alunna diplomata a luglio scorso, che condivido volentieri: “Ciao Prof!! Come sta? Lunedì inizio l’università e sono molto ansiosa […]. Ho scelto giurisprudenza perché mi piace il diritto. […] Volevo ringraziarla per l’esempio che mi ha dato, in questi anni mi ha insegnato molto…”. Leggo il messaggio una volta, due, tre… e non solo non voglio correre ma indugio. Nel naturale avvicendamento delle generazioni, vedo i volti dei miei nuovi alunni sovrapporsi a quello di M. S. e mi commuovo pensando a come era lei e a come saranno tra cinque anni quei ragazzi nati nel 2000.
A proposito, invito tutti lettori ad ascoltare Il primo giorno di scuola, gran pezzo rock!