The Pale King (Il re pallido, Einaudi), romanzo incompiuto frutto di una ardita operazione editoriale, già abbondantemente criticata: da un manoscritto di 200 pagine, lasciato in garage affinché fosse trovato, è uscito un romanzone di oltre 300, assemblato con materiale proveniente da agende difficilmente destinate alla pubblicazione. Both Flesh and Not, assemblaggio di saggi scritti fra il 1994 e il 2007, mai raccolti in volume.
Tra breve Einaudi manderà a stampa "Di carne e di nulla" previsto per i primi di settembre. Questo volume raccoglie(rà) tutta la sua nonfiction inedita, che spazia dalle riflessioni sull'arte, e il suo ruolo nel mondo di fine millennio, a considerazioni sul cinema e note di costume. E include anche le interviste rilasciate al critico Larry McCaffery e alle riviste "Salon.com" e "The Believer", nonché un'esilarante conversazione con il grande regista Gus Van Sant.
E' un bel po' di roba. A cui si potrebbe aggiungere una ampia biografia, libri-intervista (un po' dubbi) e una mole già sterminata di monografie. In fondo David Foster Wallace ha una legione di fan, in attesa di nuovo materiale. Tutto bene, quindi? Per niente. Infatti, a scoppio ritardato ma non per questo meno efficace, ecco arrivare la polemica. Riassumendo: ma che cavolo di robaccia arriva in libreria? David Foster Wallace, noto perfezionista e maniacale correttore dei propri testi, mai avrebbe acconsentito alla pubblicazione di romanzi-Frankenstein come The Pale King. A lanciare la provocazione è lo scrittore Blake Butler, fan di vecchia data di Foster Wallace, dalle colonne di Vice, divertente (e diffusissimo) magazine tra il modaiolo e il «corsaro». E sono mazzate. L'accusa più leggera verso chi gestisce l'eredità dello scrittore è «manipolazione». Per il resto, Butler scrive che questo pescare nel pozzo porta alla luce frammenti incoerenti. Cosa che alla lunga finirà con l'oscurare, o meglio col diminuire, la grandezza di un autore inimitabile. La polemica non è nuova e non riguarda solo David Foster Wallace: certo è che l'articolo di Butler, poche ore dopo la pubblicazione sul web, aveva già fatto il giro del mondo