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Il Dan Brown di casa nostra

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“Il libro segreto di Dante” è un bestseller che prende le mosse dal più famoso bestseller della storia della letteratura, “La Divina Commedia“. L’autore è un professore di liceo, Francesco Fioretti, 53 anni. Abruzzese di origini siciliane, Fioretti si è laureato in lettere a Firenze, ha preso un dottorato in studi danteschi all’università tedesca di Eichstatt, ha insegnato a Bergamo e poi a Fano.Da qualche anno Fioretti aveva un libro nel cassetto e una domanda: “Riuscirò mai a diventare uno scrittore?” La risposta è stata “sì”. Il libro, pubblicato nel 2011 da Newton Compton, è arrivato a vendere 300 mila copie, è stato ristampato in 31 edizioni, i diritti venduti in Spagna, Serbia, Corea, Russia, Brasile, Polonia, Olanda.

L’idea gli è venuta nel 2007, quando Fioretti ha scoperto un codice numerologico che consente di interpretare alcuni passi profetici della “Commedia”. L’intento iniziale era di scrivere un saggio, poi è diventato un romanzo sul “codice Alighieri” che rivelasse messaggi occulti nascosti fra le terzine dell’opera dantesca.Si parte dalla morte di Dante e su tre figure che su quel decesso indagano: sua figlia, Suor Beatrice, un ex templare e un medico. Lo uccise la malaria o un complotto? La risposta a questa domanda è il plot del “Libro segreto di Dante”, ambientato nei primi del Trecento.

Il libro ha cambiato la vita di Fioretti, che dopo il successo dell’esordio ha scritto altri due libri, sempre per Newton Compton: “Il quadro segreto di Caravaggio” (70 mila copie) e, in uscita in questi giorni “La profezia perduta di Dante”. Il professore racconta a Francesco Alberti del Corriere la sua complicata convivenza col suo nuovo status di scrittore:«Ora sono condannato a scrivere». E non è snobismo fine se stesso, ma la consapevolezza che rispetto al primo libro («Scritto quasi di nascosto, senza dirlo a nessuno, continuando a chiedermi: “Ma riuscirò mai a finirlo?”… »), qualcosa è cambiato, non è più un gioco. Fioretti, se il suo ultimo libro fosse un flop, qual è la prima cosa che le viene in mente? «La parola libertà. Ecco, sì, forse sarei più libero. Inutile negare che la spensieratezza, per modo di dire, dei primi romanzi è difficile da ritrovare: è così per tanti, lo è anche per me…».

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