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Un ricordo di Roberto Denti, amico di Rodari e della letteratura per bambini e ragazzi

   Tempo di lettura: 7 minuti

C’era due volte Roberto Denti. Un pioniere della civiltà dell’infanzia in Italia. Un maestro involontario ma non inconsapevole di vita e di narr/azioni. Un affabile tessitore di storie (e di opere, di amicizie e di relazioni umane) disseminate negli anni con tenacia. Sino a fiorire nei giardini segreti di tanti (grandi e bambini) che hanno conosciuto, apprezzato e amato questa irripetibile figura di giornalista, scrittore (il suo Incendio a Cervara, del 1974, fu recensito da Pasolini), poeta (risale al 1969 la sua raccolta di poesie La parola uomo è una conquista), ma anche saggista, ”militante“ della cultura e decano dell’editoria specializzata per bambini, ragazzi e giovani: per i quali ha avviato dal 1972 a Milano, con l’inseparabile compagna di vita Gianna Vitali, la sua storica Libreria per ragazzi (prima in Italia, seconda in Europa), coronando così il sogno di un adolescente innamorato dei libri e della lettura.

Una libreria che ha aperto molte strade, e che continua a pulsare di iniziative e incontri anche dopo il ”raddoppio” a Brescia e il trasferimento della sede milanese da via Unione a via Tadino 53: dove nel novembre del 2012, per volontà di Denti stesso, è stata rilevata con i suoi 70mila volumi, 15mila titoli e 600 mq di spazio vivo e sperimentale dalla casa editrice Il Castoro, che ne continua l’attività in un simbolico passaggio di testimone.

E anche ora che Roberto Denti non c’è più “fisicamente” – stroncato, a 89 anni compiuti il 15 maggio, nella notte tra martedì e mercoledì 22 nell’Istituto Clinico Città Studi a Milano, dove era stato ricoverato qualche giorno fa per l’aggravarsi di una setticemia – sono in molti a pensare, con il barone Lamberto del suo fraterno amico Gianni Rodari, che «l’uomo il cui nome è pronunciato resta in vita». Lo confermeranno, sabato 25 maggio a Genova – dove Roberto Denti, classe 1924, cremonese di adozione milanese, era atteso per la trentaduesima edizione del Premio Andersen, di cui era autorevole giurato – il ricordo e l’abbraccio ideale e grato del «suo» mondo. Un composito mondo di autori, illustratori, editori, bibliotecari, librai, critici, pedagogisti, docenti, giornalisti, intellettuali, bambini, adolescenti rimasto orfano della lucida intelligenza emotiva di un uomo a più dimensioni che ha lasciato la moglie Gianna e il figlio Mario – rientrato dalla Francia per accompagnare il padre nell’ultimo viaggio verso il cimitero di Lambrate – ma anche un’eredità di opere, progetti e idee che senza di lui rendono la cultura italiana dalla parte dei più giovani, e non solo, più povera.

Convinto da sempre che «un uomo che legge ne vale due», Roberto Denti inizia a lavorare sedicenne in un giornale locale. Durante la seconda guerra mondiale, arrestato dai nazifascisti, finisce in prigione per cinque mesi, e poi continua da partigiano la sua lotta nella Resistenza, raccontata nell’autobiografico “La mia resistenza” (Rizzoli 2010) e nel romanzo per ragazzi “Ancora un giorno” (Piemme 2011). Nel 1946 va a vivere a Milano, dove lavora come giornalista per il Sole 24 Ore. Nel 1952 lascia per nuove avventure lavorative, affrontate – come ha raccontato Denti stesso ad Anselmo Roveda e Mara Pace di «Andersen», autrice del ritratto che pubblichiamo, tratto dalla mostra «Leggevo che ero» – con lo stesso piglio di un cugino di Pontremoli, per il quale «a qualsiasi età si può cominciare a lavorare nel campo delle proprie passioni». E non è un caso che nel 1948 Roberto abbia conosciuto Gianni Rodari, diventandone amico: con Rodari aveva infatti in comune un impegno civile ”militante“, nutrito appunto di grandi passioni e di un pensiero divergente allergico alle «piccole virtù» che spengono la creatività e l’immaginazione, sale della vita. Basta leggere alcuni dei libri per ragazzi di Denti per rendersene conto: da “La luna, i delfini e i gatti” a “Giganti, streghe e animali magici”, da “Vera storia del Principe azzurro” a “Chi ha ucciso l’Uomo Bagno”, da “Anelli magici e ladri di fuliggine” a “Cappuccetto Oca” e “Orchi, balli, incantesimi, le fiabe trasformate”, fino a “Quattro storie quasi vere. Fantasticherie scientifiche su animali, numeri e pianeti”, per citarne solo qualcuno.

Con un altro amico, Mario Lodi, maestro e narratore – che proprio dalla madre di Denti, direttrice didattica come il marito, ebbe il suo primo incarico di insegnante – condivideva un’idea di educazione come pratica di libertà, etica ed emozione perseguita del resto anche dal compianto pediatra e scrittore Marcello Bernardi, «il libertario intollerante» con il quale Denti ha firmato un libro di pungenti “Conversazioni” (Eleuthera 1991). E con un’altra grande amica di sempre, la scrittrice Bianca Pitzorno, Denti ha condiviso il gusto di una scrittura cristallina, accurata, affabulante, capace di coniugare profondità e leggerezza, rigore e ironia: emblematica, in tal senso, la preziosa ”guida“ da entrambi firmata con Donatella Ziliotto, “Cento libri per navigare nel mare della lettura per ragazzi”, Salani 1999. Ragazzi afflitti da tanti luoghi comuni su lettori e non lettori: ribaltati, da Roberto Denti, in testi intramontabili come “I bambini leggono”, Einaudi 1978, “Come far leggere i bambini”, Editori Riuniti 1982, e “Lasciamoli leggere. Il piacere e l’interesse per la lettura nei bambini e nei ragazzi”, Einaudi 1999.

Fino all’ultimo, come nel titolo della sua autobiografia per la bella collana di infanzie di scrittori edita da Topipittori, Roberto Denti è stato un «ragazzo impegnato a crescere». Un eterno ragazzo intriso di energie ed ideali con i quali progettare generosamente, incessantemente, instancabile e operoso, sempre nuove visioni. Incontri. Percorsi. Confronti critici. Trame dialogiche di narrazioni e relazioni. Cercando, nonostante tutto, di cambiare un po’ in meglio il mondo attraverso i libri. Forse perché, come tutti i suoi ”colleghi” divenuti grandi mettendo al centro i piccoli, ha incarnato sornione un aforisma di Schopenhauer: ogni bambino è a suo modo un genio, e ogni genio resta a suo modo bambino.

Ecco perché la voce pacata con la «erre» blesa di Roberto Denti, il suo inseparabile maglione rosso, lo sguardo acuto e insieme bonario mancheranno, da oggi, a tanti.

Donatella Trotta [1] per il Mattino

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