Lo scorso gennaio, la sua compagna, Michela Miti ha alzato la voce per reclamare il suo diritto sacrosanto di ricevere reali e puntuali informazioni riguardo l'uomo che ama e con cui vive da anni; tra le altre cose pure sollevando una questione del tutto legittima: possibile che dopo mesi, il paziente non migliora, quali che siano le cure e le visite specialistiche cui è stato sottoposto? Oppure, sospetta (e io con lei), non sta ricevendo cure adeguate tali da guarirlo, finalmente? Perché se non è così, forse è meglio che il paziente riceva le cure che gli abbisognano presso una struttura pubblica specializzata, dove però è necessaria una firma da parte di un parente o di un congiunto per poter ottemperare al trasferimento. Michela, non può firmare perché, la sua, non avrebbe valore legale: la donna e lo scrittore non sono sposati e questo, si sa, è un Paese a Responsabilità Limitata. Alberto Bevilacqua ha divorziato da molti anni, non ha figli, ha solo una sorella che vive a Parma e che, a detta di chi gli è accanto giorno e notte, non conosce le sue reali condizioni di salute, pur dettando l'agenda delle cure e delle attività famigliari, (compresa la possibilità di visitarlo; non fosse altro per l'amore filiale) ora delegate paradossalmente ad un tutor esterno all'ambito famigliare del mio, del nostro amico e grande scrittore. C'è pure una questione finanziaria: ricevere cure presso una struttura del genere, costa moltissimo. Alberto, per quanto il suo lavoro lo abbia premiato con una certa tranquillità economica, non è che questa sia infinita, per non parlare del fatto che la sua compagna è tagliata praticamente fuori anche dall'accesso ai mezzi di sussistenza minimi, ricorrendo ai suoi risparmi personali. Insomma: una situazione davvero poco decorosa per una donna che ha dedicato la sua vita al suo uomo con una devozione e un rispetto davvero esemplari. Merce, questa, davvero rara.
Ora: fermo restando che - sono sicuro - si stia facendo ogni sforzo per salvaguardare la salute di Alberto Bevilacqua, faccio appello - a nome di molti affezionati lettori - ai responsabili della clinica dove dimora ormai da sette mesi, affinché venga data pubblica informazione sul suo stato di salute, invitando la parentela a rimuovere ogni ostacolo che impedisce a Michela Miti di ricevere tutta la dignità morale (e materiale) che spetta al suo ruolo. Invito gli organi di informazione a rinnovare l'interesse della pubblica opinione ed in particolare della comunità intellettuale del Paese intorno alla figura di una delle più importanti persanalità della nostra letteratura contemporanea.
Michele Genchi