Storia di una famiglia italiana

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Da un secolo Nazzareno Anconetani, 91 anni, dà voce alla nostalgia degli immigrati nella capitale argentina

di Bruna Bianchi

Buenos Aires, 24 novembre 2012 – “Povera la mia mamma! Io le dicevo, ma come fai? Però…che grandi lavoratori noi italiani, eh? In casa abbiamo sempre parlato italiano, adesso lo mischio un po’ con il castigliano, non importa. Io sono nato qua, in questa casa, e non mi posso portare male, devo portarmi bene: sono nato la Notte Bona, è venuta una tormenta.. sono nato quando è nato il Signore, il 24 dicembre, e con il Signore discuto sempre e dico..Signore ma quante ingiustizie!…e se mi dà una sventola?”.

Nazareno Anconetani compirà 91 anni tra un mese. Ha il sorriso stampato sulla faccia, cammina piegato sulle gambe e si illumina parlando di suo padre Giovanni e di sua mamma Elvira, italiani di Loreto lui e di Senigallia lei, primi liutai della fisarmonica italiana di Castefildardo, che in Argentina ha assunto il nome acordeòn . Nel laboratorio del barrio della Chacarita, a pochi isolati dal grande cimitero pubblico di Buenos Aires, l’ultimo discendente della famiglia marchigiana ancora aggiusta le fisarmoniche del marchio di famiglia, incapace di smettere di lavorare, così come i suoi genitori quasi un secolo fa. Il ritmo e l’armonia regnano in questa casa rimasta umile come un tempo, dove tutti i cinque figli erano musicisti oltre che artigiani, e dove niente è cambiato: ogni mercoledì sera il capofamiglia Nazareno che suona la batteria da decenni, riunisce amici e parenti nella sala da pranzo, in una allegra festa popolare tra fisarmoniche, tamburelli e clarinetti.

“Mio padre mi raccontava che a volte parlava con Gigli, il cantante Beniamino Gigli è venuto qui ..Dio Madonna come cantava bene Gigli! Mio padre è venuto dall’Italia, era grande amico di Soprani, il vecchio Soprani Antonio, e ha imparato il mestiere da lui, in fabbrica, poi è venuto qua all’Argentina. Portava qui i cassoni delle armoniche coi cavalli, noi bambini ci giocavamo con i cassoni, lui aveva la firma Soprani allora. E’ che allora si suonava la musica italiana nelle case, O Sole mio, uguale che in Italia.”.

Tutto è cominciato da una leggenda proprio a Loreto, dove Giovanni Anconetani nacque nel 1879. Si racconta che nel 1863, un pellegrino diretto al santuario della Madonna di Loreto sosta presso la casa colonica di Antonio Soprani: con sé ha l’armonica che incuriosice il liutaio. Sarà il figlio Paolo a iniziare la produzione nel 1863 in un piccolo laboratorio. Nella terra marchigiana di poeti, musicisti e liutai, ha inizio i l cammino dello strumento più popolare al mondo che, nato dall’organetto per la borghesia austriaca, diventa invece uno strumento popolare in Italia e nelle Americhe, perché riesce a dare fiato struggente alla nostalgia di casa degli immigrati.

E’ così che Don Giovanni Anconetani viene mandato dall’amico e maestro liutaio Soprani in avanscoperta a Buenos Aires ben 14 volte. Viaggi lunghissimi sulle navi cariche di immigrati, dove la fisarmonica è lo strumento principe della traversata. Nel 1892 il giovane Giovanni Anconetani si istalla dapprima nel barrio di Palermo, e qui conosce Elvira Moretti , anche lei emigrata da una famiglia marchigiana, che sposa nel 1896. Insieme, quattro anni più tardi, apriranno la prima fabbrica di fisarmoniche (c’erano solo le chitarre a quell’epoca) e, alla morte del vecchio Giovanni (nel ’41) moglie e cinque figli continuano la sua opera che non è mai stata interrotta. Non si sono arricchiti: gli Anconetani sono rimasti gli artigiani di un tempo con quello spirito italiano che supera la barriera della lingua (solo il vecchio Nazareno ancora ricorda l’italiano che parlava coi genitori e i fratelli ormai morti): “Mio padre ha comprato questa casa perché la Chacarita non si inondava come Palermo. Dopo la febbre gialla del 1870 che aveva ucciso tante persone, il governo della città aveva costruito il cimitero nel punto più alto, qui non c’erano le inondazioni del fiume (il rio della Plata, ndr) e così papà ha scelto di mettere su laboratorio e casa qua”. Susana, figlia di uno dei cinque fratelli di Nazareno, ricorda la figura del nonno Giovanni, bell’uomo con due baffoni lunghi e neri: “Noi non l’abbiamo conosciuto, ma si diceva che era un grande inventore, con un grande spirito di iniziativa. Era anche un ottimo concertista”. Nel 1909, appunto, Giovanni riceve la medaglia d’oro dell’Esposizione italiana del Commercio di Loreto per l’invenzione di un sistema di meccanica nei bassi della fisarmonica.

Nazareno apre l’armadio dei ricordi, commosso e felice di parlare la sua lingua madre e tornare con la mente a una storia lunga oltre un secolo: “Qui l’armonica la chiamano la verdulera perché a venti isolati c’erano le quinte, dove gli italiani e i portoghesi coltivavano la verdura. Quando diventava buio, dopo il lavoro, si mettevano a suonare l’acordeòn e gli dicevano..il verdulero. Poi è arrivata l’armonica, Non so perchè la chiamavano la fisarmonica: si doveva dire l’armonica”. Quelle canzoni italiane che riportavano gli immigrati tristi a casa con il pensiero, cominciarono ad entrare anche nelle parole dei tanghi: “Gira gira (il tango Yira Yira, ndr) , vuol dire che il mondo continua a girare, qui ci si capisce facilmente, ci sono tante parole italiane”. Gli Anconetani hanno suonato con l’orchestra di famiglia (le cosiddette tipiche) per 38 anni, anche il Jazz. Con la nascita delle prime orchestre di tango, la fisarmonica trova spazio a fianco al bandoneòn. E anche il bandoneòn, lo strumento principe del tango portato in Argentina dagli immigrati tedeschi, così simile alle prime armoniche a doppi bottoni, ha una storia di artigiani italiani: nel 1940 la famiglia Mariani apre la prima fabbrica di bandoneòn di produzione locale. L’ultimo discendente è Luis Alfredo. Il padre Duilio, giunto a Buenos Aires nel 1898, era di Macerata. Ancora una volta, è storia di artisti e artigiani marchigiani, persino per lo strumento che ha regalato al mondo intero la passione per il tango argentino e la sua struggente musica. 
Il museo della fisarmonica Anconetani è stato inaugurato nel 2005. E’ nella stessa casona di famiglia di calle Guevara e contiene i pezzi più prestigiosi della storia della musica, con le prime concertine e i primi organetti, fino alle fisarmoniche costruite da don Giovanni, cultore del suono ma anche del decoro estetico che hanno trasformato strumenti fatti per l’allegria e il rimpianto, in opere d’arte in madreperla. Dal museo di Castelfidardo,che l’anno prossimo festeggerà i 150 anni dalla nascita della fisarmonica, arriva l’eco di un’emozione genuina: “ La famiglia Anconetani ci ha resi grandi anche fuori dall’Europa. E’ gente meravigliosa, li abbracci per noi”.


Bruna Bianchi

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