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Jonathan Littell, Taccuino siriano

   Tempo di lettura: 5 minuti

L’effetto straordinario, inteso come non ordinario, della letteratura è quando le pagine scritte regalano a chi legge la visione del mondo e della realtà come nessuna altra immagine riesce a fare. In questo senso, capita il privilegio di imbattermi in libri memorabili – intesi come portati a memoria, indimenticabili; verso ognuno di questi libri, rimane la gratitudine di lettore per aver aggiunto sapere al sapere.
Non a caso il miglior libro che ho letto lo scorso anno è stato quello di Aatish Tasser, Straniero alla mia storia., la descrizione di un viaggio semiclandestino alla ricerca delle propri radici culturali in Pakistan attraverso il Medio Oriente. Tasser ha regalato al mondo, con il suo “taccuino” di viaggio,  cronaca e visione dell’Islam inconsueti, molto intime. Per la cronaca: non fui d’accordo con quello che aveva scritto a proposito della Siria: la storia gli ha dato ragione a ben vedere quel accade oggi in quel martoriato Paese. E’ la missione di chi raccoglie le immagini in presa diretta con gli avvenimenti che li scatenano e descriverli in modo da offrirle ai lettor,i aiutandoli a farsi un’idea del divenire.

E la storia si ripete.
Accade con Jonahan Littel, l’autore delle Benevole, con il “Taccuino siriano” pubblicato da Einaudi. E’ il racconto, da clandestino, della cronaca di due settimane di guerra in presa diretta da Homs, la cittadina resistente e martoriata dall’esercito fedele al dittatore.
Scrive: “nella Siria dell’assassino Bashar al-Assad i giornalisti vengono deliberatamente uccisi per dissuadere il mondo dell’informazione amandare gli inviati per raccontare quello che accade dentro i confini dello Stato”.  E’ accaduto al giornalista di France 2 Gilles Jacquier la cui fine è stata confermata da Littel già nelle prime righe del suo taccuino, fatta passare per una vittima di un bombardamento dai canali ufficiali di comunicazione.
Ancora. Nella Siria del dittatore non è solo vietato parlare, manifestare e protestare: è altresì vietato, sia dare cure mediche, che cercare cure mediche per “fare” da soli.  Dall’inizio della rivolta, il regime ha intrapreso una guerra senza quartiere contro ogni individuo o istituzione in grado di portare assistenza medica alle vittime della repressione. Il personale medico del distretto di al-Qusayr, è stato arrestato o ucciso, come Abdur Rahim Amir, l’unico medico di quel centro, assassinato a sangue freddo nel mese di novembre dalla sicurezza militare, mentre cercava di curare i civili feriti durante l’assalto dell’esercito sul Rastan.

A Baba Amro, un infermiere del National Hospital di Homs, è stato imprigionato nel mese di settembre; Littel descrive le torture cui è stato sottoposto: è stato bendato,  picchiato con un bastone,  frustato, ha subito scosse elettriche, e appeso letteralmente al muro da un unico polso  per quattro o cinque ore – una pratica comune che ha un proprio nome, ash-Shabah.  
E ancora: Abu Hamzeh, è un chirurgo che cerca di curare i feriti che arrivano ogni giorno in un punto di primo soccorso di emergenza in città: è  disperato per la mancanza di risorse – il centro non ha anestetici, nè apparecchiature , non può operare a nessuno: può solo bendare e dare loro qualche cura palliativa. “Sono inutile qui”, mormora amaramente all’autore, di fronte a un uomo con il ventre perforato da una pallottola da cecchino, “completamente inutile”.  Quando la rivolta è iniziata, il medico stava lavorando presso l’ospedale militare di Homs, dove ha assistito le torture inflitte ai manifestanti feriti, a volte anche da infermieri e colleghi medici fedeli al regime, i cui nomi li ha accuratamente registrati a futura memoria..  
Sulle violazioni dei diritti umani in Siria, il mondo sembra aver aperto finalmente gli occhi grazie  alle testimonianze come quelle di Littel.

Ma, mentre i capi della diplomazia dei cinque Paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu ed i ministri degli esteri di alcuni Paesi della Lega araba si riuniscono periodicamente con la mediazione di Kofi Annan per ottenere un accordo della comunita’ internazionale su un processo di transizione politica nel Paese, Israele prima e ora la Turchia, rullano i loro tamburi di guerra, rinforzando i loro confini per il timore di una escalation dentro i loro territori. Ma Al-Assad non sembra cercare una via di uscita: non solo ha abbattuto un aereo turco, quanto pure ha dichiarato la “quasi” guerra con il suo confinante. La rivolta di Homs è stata soffocata in un bagno di sangue degno di un nuovo e moderno olocausto.

per BookAvenue, Michele Genchi

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