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Ansia da Bomba

   Tempo di lettura: 9 minuti

foto autore

L’autore.  Charles Pellegrino è co-autore di best-seller internazionali come “The Jesus Family Tomb” e Titanic, quest’ultimo utiizzato da James Cameron come fonti principale per il suo film kolossal e libri utilizzati sempre per il cimena come Imax Ghosts of the Abyss. Pellegrino ha una laurea in zoologia e acrive per numerose riviste popolari, tra scienza e Smithsonian. Scrive da quando aveva diciannove anni. Vive a New York.

aggiornamento al 2 marzo 2010 il libro di Charles Pellegrino è stato ritirato dal mercato per le gravi inesattezze e informazioni non verificate contenute nel libro (ndr)

Il libro.  La mattina del 6 agosto 1945, una bomba contenente uranio-235, la cui parte di “esplodente” misurava poco più di due cucchiaini da tè, fu sganciata su Hiroshima. La detonazione è stata una questione di nanosecondi. In un 10 milionesimo di secondo, raggi gamma esplosi dal nucleo alla velocità della luce, seguito da uno spruzzo di neutroni. Elettroni erano stati spogliati in laboratorio da ogni atomo di aria e, allo scoppio, “una bolla di plasma ha iniziato a formarsi, producendo uno shock termico che fu più caldo nel suo spillo centrale che nel cuore del sole e splendeva miliardi di volte più luminosa della sua superficie”. 3/10mi di secondo dopo, la bomba era sparita.

Le persone a terra furono vaporizzate, i loro corpi convertiti in gas e anidride carbonica, lasciando qualche ombra sinistra, di fantasma sull’ asfalto sbiancato. Lontano dal punto di impatto, la morte avveniva minuti o ore più tardi. Alcuni sono morti con la pelle bruciata dal “flash”, alcuni altri furono sventrati dal “colpo d’aria” conseguente l’esplosione, altri ancora non molto tempo dopo, per l’avvelenamento dalle radiazioni, chi invece dissanguato. Pochi i miracolosamente sopravvissuti, salvati dal capriccio del caso o del destino. Che è una, forse la sola, possibilità di salvarsi dal fall out. Più di 60 anni più tardi, Hiroshima ha ancora la capacità di generare shock.
Essa occupa un posto speciale nella mia immaginazione, ma pure nei miei incubi profondi di un certo periodo passato: quando gli orologi della guerra sembravano molto vicini alla mezzanotte. 
100.000 è il numero di solito utilizzato per definire le vittime della bomba, anche se nessuno ancora oggi lo sa con precisione e 80.000 (ancora una volta, più o meno) quelle di Nagasaki. In una mai terminata classifica, i numeri ci perseguitano in modo brutale suggerendo che 250.000 furono i morti nei bombardamenti convenzionali di Tokyo. Questo è senza dubbio sleale. Non esiste una gerarchia della sofferenza umana: I morti di Tokyo sono altrettanto morti (come, del resto, furono le vittime di altettanti bombardamenti su Dresda e Amburgo). Ma le tragedie e le atrocità della Seconda Guerra Mondiale appartengono ormai alla storia, mentre Hiroshima fa ancora parte del nostro mondo, il nostro presente continuo, forse il nostro futuro (e incubo) più temuto.

“L’ultimo treno da Hiroshima” ci ricorda perché è così. Charles Pellegrino da conto di ciò che in realtà è stato sia a Hiroshima come a Nagasaki, partendo dai ricordi dei sopravvissuti (l’ultimo: Tsutomu Yamaguchi, è scomparso proprio di recente all’età di 93 anni.) E il proprio lavoro in archeologia forense, è la più potente e dettagliata analisi su cui mi sia capitato di mettere gli occhi. Per chi non conosce la professione: si parte dallo scheletro e si costruisce il corpo “montandoci” come in un gioco di ricostruzione, la carne.

Pellegrino ha scritto in precedenza di altri disastri :certo, non scrive commedie appassionate o fiction, quanto di calamità o disastri, in particolare sul Titanic di cui è stato consulente per James Cameron per il suo film e lo sarà anche per quello che intende girare da questo libro (c’è da giurarci: dopo Avatar chissà cosa ci riserva il regista). Ha anche scritto sull’eruzione del Vesuvio, la cui esplosione ha effetti e shock stranamente specchi di quelli che sono qui descritti. Il suo racconto segue la descrizione delle catastrofi seguenti a grandi dimensioni attraverso il giorno dopo l’esplosione, e lui non si fa certo intimidire dall’orrore del dramma.

Ma la gravità terrificante sta nelle àncore servite da soggetto per il suo libro. Alcuni superstiti fuggirono Hiroshima con il treno (da qui il titolo) per la presunta sicurezza di Nagasaki, ma a suo credito Pellegrino non sfrutta né la pesante ironia né la sfortuna di questo aspetto. Invece, si lascia e ci lascia raggelare con la descrizione scientifica per produrre gli effetti propri dello shock. Egli ci mostra la fisica della distruzione atomica. Può darsi che ciò che rende così raccapricciante Hiroshima è vedere gli esseri umani ridotti a elementi di indagine piuttosto che considerare appieno che si sta parlando di esseri umani, indipendentemente dalle questioni della fisica o delle sostanze chimiche. Ma in fondo questo siamo: fisica e biologia.
Pellegrino descrive ciò che succede dentro: la separazione del ferro dal sangue, una raffineria di atomi, le ossa diventano incandescenti, il midollo che diventa bollente alle istanze sopraggiunte, la dissoluzione dei tessuti molli e il dissanguamento come per Ebola. Come pure non ignora la bomba a orologeria a causa dell’avvelenamento da radiazioni a lungo termine, la malattia “X” che le autorità di occupazione americane fecero finta di non conoscere.
Pellegrino non affronta la questione se le bombe avrebbero dovuto essere scartate (ancora oggi si parla di bombe “sporche”). Ma i suoi resoconti dalle risposte ufficiali che seguirono, quasi tutte insufficienti e insensibili, suggeriscono che nessuno ha realmente compreso la natura di cosa si è “trasformato” di ciò che fu “sganciato”.
Le guerre fanno schifo: si sà. E per piacere non parliamo di missioni di pace: con questa scusa ci abbiamo già rimesso la pelle un sacco di volte e riempito l’Altare della Patria di fiori. 

Oggi come allora c’è sempre qualche scemo che parla di intervento pacificatore non diverso dalla schiettezza con cui l’allora ministro della guerra giapponese Korechika Anami, ordinava ai kamikaze la loro morte. Quel pazzo avrebbe voluto continuare la guerra. O come la reazione agghiacciante di Stranamore: chi ricorda la scena dove dice, a proposito dello scoppio della bomba: “Non sarebbe meraviglioso per questa nazione intera essere distrutta con un bel fiore?”
Per tornare al libro; gli americani entrarono in un curioso stato di negazione. Sotto gli ordini del generale MacArthur dell’11 settembre (sic!) del 1945, il “Comitato” di occupazione ordinava ai sopravvissuti giapponesi la non autorizzazione a pubblicare nulla delle loro esperienze. Una linea ufficiale più tardi dirà: “E ‘solo un’altra arma, con più effetti fisici a quelle che l’hanno preceduta”.

“L’ultimo treno da Hiroshima” rende definitiva una contro-argomentazione a chiunque è ancora stupido o folle da credere alle versioni ufficiali. Pellegrino, nel resoconto dettagliato dei bombardamenti e le loro orribili conseguenze, rende questo libro vero per chi vuole ammettere che le cose stanno così offrendo molto di più di una semplice ed efficace storia popolare. E c’è dell’altro: si tratta di una sorta di promemoria. Ora abbiamo vissuto abbastanza a lungo con la bomba per cominciare a darla per scontata. Non abbiamo più bisogno di fare esercitazioni anti-bombardamento, almeno qui da noi (ma in altre zone del mondo non fanno in tempo ad insegnare ai bambini come scappare sotto un banco di scuola, purtroppo).
Non faccio il catastrofista di professione, sto solo scrivendo di un libro che mi ha spaventato, ma se guardo alla voglia di molte nazioni di aderire al club di quelli che la bomba ce l’hanno, mi cadono giù le braccia. Alla faccia del programma Start1 e Start2 di non proliferazione nucleare (che sembra valere solo per gli Usa e ex Urss ). E il terrorismo, poi? 
La pace è un mestiere difficile. “L’ultimo treno da Hiroshima” ci dà, invece, un assaggio dell’orrore.
E ci fa di nuovo paura.

 

per Bookavenue, Michele Genchi

 

 

il libro: Charles Pellegrino, 
The last train from Hiroshima, 
Henry Holt Pbs

 

 

 


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