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Dal punto di vista comunista

   Tempo di lettura: 13 minuti

Il libro di Slavoj Žižek “Dal punto di vista comunista” pubblicato da Ponte alle Grazie, oggetto delle righe che seguono, è una raccolta di interventi che il filosofo ha scritto dal 2017 al 2019. Ha il vantaggio di raccogliere un paio di anni di articoli e di saggi in unico volume consentendo al lettore di farsi un’idea del punto di vista del grande intellettuale su temi di attualità oltre che di argomenti assai cari al filosofo quali gli studi di economia politica. Il libro può essere letto anche come il tentativo di interpretare cose assai difficili con interventi assai divertenti. La cui cosa può risultare irritante o affascinante, vista l’attitudine di Žižek a esprimersi con un particolare senso di umorismo.

Come lettore, è stato particolarmente piacevole leggere questo strano miscuglio di cultura pop con argomenti assai complessi come le questioni geopolitiche e sociali, che potrebbero allontanare legittimamente molti lettori. Gli argomenti raccolti puntano alla recente attualità degli eventi e offrono il punto di vista angolare dell’autore.

Sono proposte quattro sezioni distinte: 1.’Il disastro globale’, 2.’L’Occidente’, 3.’…e il resto’, 4.’L’Ideologia’, seguite da un’appendice che da sola varrebbe un piccolo saggio a parte. Questi raggruppamenti sembrano abbastanza arbitrari ma quasi tutti gli interventi trattano i titoli delle sezioni, volutamente ampi.
La sezione 2, ‘L’Occidente…’, sembra la più coerente, trattando la politica strettamente definita agli USA e all’Europa, a Trump e il populismo, ma anche alla Catalogna e la Brexit. Alcuni capitoli dedicati al Venezuela, alla Cina e alla Bosnia si trovano nella sezione 3, “… E il resto”, insieme a diversi commenti sulla questione Israele – Palestina, e l’antisemitismo. Nel libro si trovano alcuni commenti sparsi in diverse sezioni sulla libertà d’informazione e tecnologia a proposito dei fatti intorno a Julian Assange ed Edward Snowden.

La prima sezione sembra concentrarsi sui fenomeni e le tendenze della società, piuttosto che sulla politica in senso stretto: migrazioni globali e afflusso di rifugiati in Europa, riscaldamento globale e movimenti ambientali e, con il senno di poi, anche lo scampato pericolo di una guerra tra Ucraina e Russia.
Il primo capitolo sui cui mi soffermo gira attorno alle questioni care da sempre al filosofo. Di fronte al fallimento del sogno socialista e dettato dalla situazione globale, abbondano i segnali sempre crescenti di adottare un nuovo punto di vista. Cito il libro: “Quello di cui abbiamo bisogno oggi è una vera sinistra che osi pronunciare il suo vero nome, non una sinistra che nasconda vergognosamente il suo nucleo con qualche foglia di fico. E questo nome è comunismo. Ciò significa: come interpretare il passato; cambiarlo per rendere possibile un futuro diverso; estirpare la sinistra dalla trappola dell’opposizione e reinventarla come autentico agente politico. Ciò implica evidenziare l’incredibile ma paradossale attualità di Marx oggi, ma anche l’obbligo di capire cosa si può e si deve fare”.

Secondo Slavoj Žižek, il marxismo è stato una critica feroce della società capitalistica secondo il punto di vista dei fondatori ma anche una promessa utopica che può esistere una forma di società migliore, basata su un diverso regime di proprietà di quella dominata dall’accumulazione di capitale privato. In tutta onestà, nessuno può chiedere un quadro dettagliato di questa condizione se non quello di rifarsi agli scritti di Marx ed Engels; tuttavia una proposta alternativa o una nuova visione della modernità  deve avere un minimo di plausibilità, altrimenti può offrire solo una descrizione del capitalismo e alcune proposte di economia politica per la sua riformulazione ma nessuna vera critica fondamentale, riducendo tutta la questione sociale a una più prosaica contesa accademica. Dopotutto, la dittatura russa ha piegato le libertà non solo nazionali ma anche quelle dei paesi satellite e le loro economie hanno ridotto alla fame quei popoli per anni.

Dopo la crisi degli anni ‘70 e soprattutto dopo quelle degli anni ‘90, la sfida più grande per il marxismo, e chi si definisce tale nella sua azione, è stata quella di mantenere viva la fede nella possibilità di una società superiore. La convinzione è stata calpestata fino alla sua quasi estinzione a causa della capacità di trasformazione del capitalismo, delle capitolazioni dei partiti socialisti europei, nondimeno dal crollo dell’Unione Sovietica e dall’apparente trionfo delle società liberali con tutto il bagaglio di quelle derive ideologiche che oggi conosciamo con il nome di liberismo.

L’aspirante sinistra europea sembrava possedere una strategia seria per la conquista del potere; di un programma da attuare che non fosse la riconquista del potere per il potere per sfociare, invece, in quel minimalismo simil-socialdemocratico tutto racchiuso in un elenco di slogan, spesso sterili, tipo: ”Un altro mondo è possibile”, ” salviamo il mondo dalla fame”, “salviamo la natura dall’inquinamento”. Tutto quello che rimane dalla raccolta d’idee della sinistra, di quella sinistra, sembra dunque essersi esaurita nel vicolo cieco dell’inefficacia o, peggio, dell’inattualità. Quello che sembra mancare alla sinistra è un nuovo bagaglio d’idee capaci di misurarsi con il 21º secolo.
A queste ridotte circostanze sembra venire in soccorso Žižek che da circa vent’anni con molta produttività e una grammatica postmoderna, scrive principalmente d’ideologia e culture contemporanee in senso lato; da un film di successo come un cartone animato dal titolo Kung fu Panda, agli studi su Lacan, passando per i “Problemi in Paradiso”, inteso come utopia comunista, che ha dato il titolo a un altro suo celebre libro.

I problemi sono sempre gli stessi da decenni: la crisi globale produce eterni precari, la tragica disoccupazione giovanile, la demolizione del welfare, la gigantesca evasione fiscale, la crescita di povertà e disuguaglianza, decine di nuove guerre, centinaia di milioni di schiavi (letteralmente schiavi, più che in qualsiasi altro periodo dell’umanità), miliardi di sfruttati e di proletari nomadi come spiega in un capitolo che meriterebbe da solo un articolo. Di contro, come la cronaca recente suggerisce, di capitalisti in grado di pagarsi una vacanza nello spazio. Secondo questo straordinario pensatore, è arrivato il momento di svelare le menzogne del capitalismo e di lavorare per superarlo. In uno degli interventi del suo libro appena citato: “Problemi in paradiso” uscito qualche anno fa, raccontava come la “post ideologia” neoliberista non ha pretese filosofiche e se le persone vogliono vivere meglio è preferibile perché “pulita” dalle ideologie utopiche che hanno lavato nel sangue il loro fallimento. In breve, sostituendo semplicemente il capitalismo liberale alle ideologie secolari (socialiste e comuniste) affermando che solo questa forma, legittimata dalla scienza, rappresenta appieno il futuro in cui la società umana può riconoscersi e attestata dal terreno di prova della storia.

Queste opinioni trovano molto consenso anche da noi da molti anni. Dopotutto, si preferisce vedere l’aspetto positivo della libertà di intraprendere come unico modo praticabile per generare ricchezza su vasta scala, piuttosto che le lacerazioni questo modello di società produce. Žižek naturalmente si oppone quando richiama la lezione marxista sul feticismo delle merci; a proposito delle sovra-produzioni, richiama: “La necessità di incrementare un’agricoltura sostenibile, di ricorrere a norme più rigide applicabili alla terra e agli oceani, ridurre gli scarti alimentari”. E aggiunge: “Non varrà lo stesso discorso per le altre minacce che minano la sopravvivenza delle persone? Non è forse è evidente la necessità di investire in un forte organismo globale del potere per coordinare queste misure? E un organo del genere non punta forse verso quello che una volta chiamavamo comunismo?”.
Ecco: Žižek rinnova la necessità di opporsi al capitalismo con il desiderio costante di una ”politica di emancipazione radicale” invocando la rinnovata possibilità del comunismo come punto di caduta di questa redenzione; una rinnovata economia politica che metta in discussione il capitalismo contemporaneo prefigurando una sfida rivoluzionaria al sistema di valori che incarna.
Secondo il filosofo, il capitalismo non può essere riformato né essere edulcorato dalla catastrofe generata dalla confusione d’idee di quella sinistra liberal che tanto si compiace di parlare in nome dei lavoratori ai capitalisti lasciando gli stessi indietro nei diritti; (sono presenti anche da noi e per fortuna non superano il 2% nei sondaggi elettorali ma che hanno partorito scempi come il Jobs Act). Piuttosto, come pure ha scritto altrove, abbiamo bisogno di ”un nuovo partito politico che torni ai buoni vecchi principi” e che, “si regoli il sistema bancario, si controllino gli eccessi finanziari, si dia assistenza sanitaria universale gratuita, educazione etc.etc.” .

Žižek discute sull’inversione neoliberista post-ideologica e di come privi di significato la misura del tempo che viviamo. “Un pericolo“, scrive Žižek, “è che la religione venga a riempire questo vuoto e ripristinare o meglio, sostituire il significato”. Il programma di Žižek è semplice: la sostituzione del capitalismo con il comunismo. Žižek disprezza l’idea che il capitalismo possa essere regolato “in modo che serva agli obiettivi più ampi del benessere e della giustizia globali accettando che i mercati abbiano le proprie esigenze che vanno rispettate”. All’autore sono ben chiara l’esistenza dei mercati e quella del capitalismo: difficile è regolarli, temo. L’esperienza delle società occidentali dal secondo dopoguerra in poi suggerisce che la vecchia opposizione tra riformismo e rivoluzione non è più utile. Il periodo di massimo splendore dello stato sociale fu accompagnato, dopotutto, da una radicalizzazione notevolmente maggiore di lavoratori e studenti (gli anni 70 e la loro deriva terrorista) rispetto all’era del neoliberismo odierno che demoralizza allo stesso modo radicali e riformatori.

Finisco. Nelle circostanze attuali, il raggiungimento delle riforme potrebbe aprire, piuttosto che sbarrare, la strada a una nuova società, per non parlare dell’alleviamento di parte della miseria umana da supportare senza l’avvento auspicato da Žižek.  Ma è passato il tempo per la sinistra di accontentarsi della vuota asserzione che un altro mondo è possibile. Mentre il capitalismo liberale indebolisce le sue fondamenta ecologiche, non rispetta le sue promesse economiche e perde la sua legittimità politica, un altro mondo, secondo Žižek, è necessario. Quale vogliamo? Possiamo trasformare questo prima che sia troppo tardi? Il lavoro di Žižek mostra perché queste domande sono così difficili da formulare nel “deserto della post-ideologia”; la sua critica al capitalismo è fondamentalmente marxista mentre dichiara l’inevitabilità del comunismo, molto lontano dalla cattiva lezione della storia, come possibilità necessaria per guarire la malattia del mondo.

 

Per BookAvenue, Michele Genchi

Slavoj Žižek (Lubiana 1949) è ricercatore all’Università di Lubiana, e direttore del Birkbeck Institute for the Humanities dell’Università di Londra, nonché uno dei più discussi filosofi del nostro tempo. Ha pubblicato più di cinquanta libri ed è stato tradotto in più di venti lingu

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