Ha avuto un bel caratteraccio: ne hanno fatto le spese i suoi intervistatori caduti nella trappola della retorica definendo i suoi romanzi come "letteratura ebraica", una soffocante distinzione che ha sempre irritato Roth.
Philip Roth nasce a Newark, nel New Jersey, nel 1933. Viveva tra l'Upper West Side di New York e una casa nella campagna del Connecticut. I genitori appartengono alla piccola borghesia ebraica della città, ed è lì in quella piccola comunità di provincia che lo scrittore inizia ad osservare la sua gente e costruire - seppure ancora solo idealmente - le sue prima storie e i suoi primi personaggi. Raccoglie storie, osserva, cataloga tic che poi ingrandirà e trasformerà nel grande ritratto dell'America (i suoi romanzi in Italia sono pubblicati da Einaudi e sono stati poi raccolti in un volume Meridiani Mondadori, curato da Elena Mortara. Altri due Meridiani, curati da Paolo Simonetti, sono attesi per ottobre e per la primavera 2019).
Ha vinto praticamente tutto quello che c'è da vincere in campo letterario. E se non fosse stato per i pregiudizi intellettuali di quei parrucconi dell'Accademia di Svezia, avrebbe ben meritato il Nobel da diverso tempo in specie quest'anno a vedere come è finita con lo scandalo che ne ha sospeso la premiazione. L'accademia ha perso una grande occasione ma il mio scrittore più amato è morto sapendo che non lo avrebbe vinto anche quest'anno.
se non lo avete ancora fatto, leggete:
- Lamento di Portnoy - (Einaudi)
- Zuckerman scatenato - (Einaudi)
- Pastorale americana - (Einaudi)
- Everyman - Philip Roth (Einaudi)
- La macchia umana - (Einaudi)
dopo, ne uscirete davvero cambiati; forse migliori.