Elogio del camminare. Siamo fatti con i piedi dopotutto.

particolare dalla copertina di MacFarlane, antiche vie, Einaudi editore
   Tempo di lettura: 8 minuti

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Mentre sistemo i libri nello scaffale della narrativa di viaggio, fatico a ridisegnare una proposta che accompagni il lettore in cerca di ispirazione: il disordine è ampio. E’ fine agosto ed è sorprendente come in molti stiano ancora comprando le guide turistiche; pensavo fosse giunto il momento di pensare ai libri di scuola per i propri ragazzi; ci siamo quasi dopotutto.

Sono assorto in pensieri tipo questo ed altre amenità della serie: “machecivuolearimetterliapostoperbene?”, quando mi capita tra le mani il libro di Robert MacFarlane, Le antiche vie. Un elogio del camminare. L’occhio è caduto sulla copertina e scorgere l’uomo con lo zaino e i bastoni è bastato.

Sono tornato dal Cammino di Santiago già da un po’ di tempo e non riesco a smettere di pensarci e soprattutto di camminare. Mentre racconto questa esperienza di lettura penso al nuovo viaggio intrapreso: quello di attraversare gli Appennini a piedi. E’ un viaggio lungo, fatto di tappe e di rinnovate promesse di un rapido ritorno su quei sentieri. Accade ogni volta che devo riprendere la strada di casa.

Il libro di MacFarlane è pieno zeppo di buone intenzioni.

C’è dell’altro, naturalmente. Questo esercizio di mettere un piede davanti l’altro, è una forma di psicoterapia low cost e pure un esercizio intellettuale se, come personalmente tento di fare ogni volta, cerco di ripercorrere pezzi di strada e sentieri raccontati da qualcuno in modo che la Via scivoli all’indietro fino al tempo in cui è stata descritta. Tra riflessione e fatica, camminare mette se stessi in sintonia con le proprie corde, quelle più intime, e tutto quello che gli occhi vedono mentre il paesaggio cambia.

Il libro di MacFarlane è pieno zeppo di buone intenzioni.

Racconta degli scrittori e dei poeti che hanno, a loro volta, ispirato lui. Uno più di altri: Edward Thomas – poeta-camminatore e scrittore. Ha lasciato un centinaio di poesie alcune delle quali dedicate da Adlestrop un luogo rurale nella campagna inglese del Gluchestershire. Scrive la storia di questo poeta rurale, amico di Robert Frost il poeta americano capitato da quelle parti prima dello scoppio della prima guerra mondiale. I due, non a caso, camminarono molto insieme. MacFarlane scrive di come Frost incoraggiò suo malgrado Thomas ad arruolarsi pur potendolo evitare (era sposato). Morì quasi subito il suo arrivo in Francia nel ’17. L’autore, dedica a questo poeta-camminatore molto amore e riconoscenza.

Nel libro arrivano gli echi di quanti hanno compiuto questo gesto in apparenza semplice di chiudersi la porta di casa alle spalle e di iniziare a camminare. Sono voci che raccontano gli antichi sentieri di Inghilterra e della Scozia, della Palestina fino alla sierra di Guadarrama con il suo Cammino per Santiago relativamente recente. Una strada antica piena di monasteri e chiese. Le strade per San Giacomo si moltiplicano ogni anno. (ndr. Costruito dagli amici del cammino di Madrid, l’associazione più numerosa in Spagna, Va da Madrid centro a Sahagun in 325 km passando per Segovia e Valladolid, su antiche vie di transumanza e di migrazioni interne.)

La promessa del libro di raccontare l’arte di camminare è mantenuta e pure molto ben scritta per esempio, con il percorso della Icknied Way che inzia a Norfolk e attraversa il Buckinghamshire. L’autore percorre le strade in Inghilterra, tra il Broomway attraverso le sabbie di marea nell’ Essex, prima di passare in Scozia. Alcuni passaggi e descrizioni sono talmente evocativi da rendere la lettura assai coinvolgente. Questo capitolo descrive la sua ‘passeggiata rituale’ nei Cairngorms e la intreccia splendidamente con il ricordo della vita di suo nonno; descrive il suo viaggio emotivo attraverso un pezzo di storia famigliare. Credo che sia questo il tema-chiave del libro : i piani di lettura che esistono tra percorsi emotivi, fisici e quelli della vita. Delle terre in transito, Macfarlane sembra essere più legato alla Scozia per l’amore di suo nonno e il ricordo assai intimo delle vacanze di bambino che trascorse in quei luoghi con l’amato famigliare. Argomento, questo, che suscita in chi legge un contributo di emozione ulteriore.

Ancora. MacFarlane scrive di un viaggio a piedi attraverso le Isole di Lewis ed Harris. Così come i paesaggi e sentieri che segue, descrive le persone che incontra e le soste di questo andare lento. In particolare, scrive delle loro molteplici attività all’aria aperta; non mi riferisco solo a quelle lavorative che tengono impegnate le genti di quei luoghi, quanto ad alcuni aspetti simbolici e spirituali, molto personali. Scrive con curiosità di alcuni oggetti rituali realizzati da un uomo che incontra sull’isola di Harris. Le sue incisioni su un anello di megaliti che era saltato fuori da un ghiacciaio ritiratosi, richiamano antichi rituali magici.

Altro tema fondamentale del libro è il modo in cui il paesaggio naturale è attivamente vissuto; non è qualcosa che viene visto dal di fuori, ma qualcosa che ha a che fare con i sentimenti più intimi e profondi di partecipazione e rispetto per il creato e per questo vissuto con consapevolezza. Ho letto qualcosa del genere solo nel Walden di Thoreau ed anche in un saggio sul camminare di cui mi sono occupato qualche tempo fa.
MacFarlane riesce a parlarne con grande enfasi senza per questo essere eccessivamente romantico.

camminare regala l’idea del lascito di segno che imprimiamo dopo il nostro passaggio.

Il mondo è pieno di antiche vie che collegano paesi con altri paesi, che salgono colline e le discendono, che aggirano montagne e alla fine ci riportano a casa. Mentre oggi, in molti, abbiamo appreso abitudini diverse di come usare il nostro tempo libero, camminare regala l’idea non tanto peregrina del lascito di segno che imprimiamo al terreno dopo il nostro passaggio. C’è in questo gesto qualcosa di molto più profondo e che alla fine della lettura elaboriamo: il sentimento che anima le pagine riflette sul nostro passaggio su questa terra per il tempo dato. Molti autori hanno scritto di questa nostra attitudine naturale, penso a Bruce Chatwin piuttosto che a Least Heat Moon, quello di Strade blu o a Colin Thubron, lo scrittore dell’indimenticato In Siberia. Di Thoreau ho detto prima, ma MacFarlane regala una visione ulteriore.

La citazione dal libro è quasi d’obbligo: “Robert MacFarlane, proprio perché erede di questa tradizione letteraria, trasforma una strada un sentiero di un’altopiano in una storia.”

per BookAvenue, Michele Genchi

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Il Libro:

Robert Macfarlane, Le antiche vie, Einaudi

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3 commenti

  1. Mi è molto piaciuta la tua recensione (a dire il vero è un pò che seguo il sito e devo dire che mi piace quello che fate)ma davvero vuoi fare gli appennini a piedi?

    davide

  2. Ciao Fabrizio, leggo solo ora il post. Grazie dell’invito ma non fa per me. Per questo lui si chiama Rumiz e io no. Raccolgo e accolgo… quello della borraccia.

    Michele

  3. Ciao Mike, certo che partire dalla “repubblica socialista” di Malfolle è stato incredibile e bello. Ci sono tornato. La prossima volta la borraccia riempila di vino, vedrai che andrai più spedito. perchè non la racconti questa passeggiata?, anche Rumiz ha fatto una cosa del genere e ci ha avrà tirato su qualche soldo, no?
    :(ff

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