Philip Roth dopo Philip Roth

philiproth elabora by ©mg
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Forse, quella citazione in coda a Nemesis aveva a che fare con un addio annunciato e rimasto in sospeso per un’altro po’ di tempo. Molti, me compreso, avevano intuito la decisione di Roth di rinunciare alla scrittura cosa avvenuta ieri con una dichiarazione confermata anche dal suo editore Lori Glazer, facendo deflagare lo scoppio di una miccia accesa da tempo. Del resto, proprio lo scorso mese in una intervista aveva riferito di Nemesi come il suo ultimo libro.

Che cosa rimane di Philip Roth dopo Philip Roth? Il grande autore ha al suo attivo più di 25 libri, tra, romanzi e racconti brevi e lascia, soprattutto, capolavori come Pastorale Americana e Lamento di Portnoy, che valgono da soli il Nobel che non ha mai ricevuto. Lo scrittore aveva invece vinto il Pulitzer proprio per Pastorale Americana del 1997 e due National Book Award.
I suoi romanzi tendono a essere autobiografici, con la creazione di alter-ego (il più famoso dei quali è Nathan Zuckerman), personaggi che portano il suo vero nome e persino personaggi che si chiamano Philip Roth ma non sono lui (come in Operazione Shylock), ma anche con ritratti famigliari e di quartiere che diventano esemplari dell’umanità della zona (la periferia a ovest di New York e soprattutto Newark) e dell’epoca, tanto da farne un’identità insieme personale e collettiva.
Rimane uno straordinario testimone del nostro tempo, un’autore che ha sondato, con quella definizione di “età atomica”, il panorama dell’America e del mondo del xx secolo, consegnandola alla storia della letteratura.

Non so a voi, a me manca già. mg

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