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Podcast. I cento anni di Gil Evans

   Tempo di lettura: 4 minuti

Ian Ernest Gilmor Green, detto Gil Evans, nato casualmente a Toronto, nel 1912. da padre sconosciuto e da una ragazza madre scozzese-irlandese (che girava il mondo come ragazza alla pari/governante), resta una delle figure più incomprese della storia del jazz. Largamente autodidatta, apparve all’improvviso sulla scena newyorchese del jazz nei primi anni quaranta, ma aveva alle spalle già una lunga attività di capo-orchestra e un mestiere affinato in duri anni di apprendistato in California, nel corso di una carriera che spesso e volentieri si era intersecata con quella di un suo celebre coetaneo Stan Keaton (che invece aveva esordito come pianista proprio in una delle orchestre di Evans).

Influenzato in maniera decisiva da Lois Armstrong, del quale si dichiarava uno dei massimi esperti al mondo, e da Duke Ellington, che aveva potuto vedere dal vivo, per la prima volta, addirittura nel 1927, Evans ha ipnotizzato a sua volta intere generazioni di arrangiatori e compositori, dal jazz al rock alla musica da film, contribuendo in larghissima parte all’affermazione e ai successi di una icona della cultura jazzistica del novecento come Miles Davis.Non è un caso che Davis debba a Gill il merito di aver saputo “estrarre” una valanga di musica che rischiava di restare inespressa a se stesso e regalata al mondo.
Campasse, quest’anno avrebbe compiuto cento anni; se esiste un paradiso, Thornhill Bizzarro, il suo vecchio mentore, lo ha accolto là nel 1988. Chissà cosa stanno suonando. La sua musica, invece, festeggia il centenario.

 

dallo scaffale di casa, consigli per gli acquisti

Le orchestre non mi sono mai piaciute abbastanza. Io ho bisogno di sentire la voce di una (meglio donna) singer!
Quando il mio due di coppia mi fece ascoltare il mio primo Gil, “Out of the cool”, non mi piacque per niente, ma. a furia di ascoltarlo ho imparato a farmelo piacere: credo che sia trai i migliori. Una orchestra molto affiatata tra musicisti di studio e improvvisatori. Dentro ci lavora gente come George Russell, Kurt Weil, John Benson Brooks. Sono pazzeschi certi passaggi di un chitarrista dal nome noto solo ai più: Ray Crawford (qualcuno conosce il trio Ahmad Jamal? Si, è lui). Quello che è davvero forte, è questa musica la cui sensazione è di toccarla con mano. Difficile non tamburellare le mani all’ascolto.

Poi, Miles Davis & Gil Evans. E’ un cofanetto.
Dischi che dovrete portare con voi se vi trasferite su un’isola deserta (scaricateli sul vostro Ipod: è più comodo). Uno dei capolavori della musica del novecento. Dentro ci trovate qualcosa come “Miles Ahead” e “Quiet night”(disponibili anche singoli).
Non so qual’è il vostro disco più amato: io non andrei da nessuna parte senza “My Baby just Cares for Me” di Nina Simone; il mio due di coppia non esce di casa la mattina senza aver ascoltato “Kind of Blue” di Miles, appunto.
Per dire che, questo, potrebbe diventare uno dei vostri oggetti da mettere nel sacco per la sopravvivenza.

A qualcuno il cool non piace, in specie se c’è una big band. Per facilitarvi l’approccio, vi invito all’ascolto dell’orchestra di Gil Evans (con lui al piano) mentre suonano Little Wing (da Jimi Hendrix) dal live di Umbria jazz del 1987. Un pò troppo elettronico e moderno ma più facile da ascoltare (molti ricorderanno la versione di Sting: cercatela su youtube).

I libri

Sul sito di Barnes and Noble ne ho trovati un paio: Gil Evans: Out of the Cool: His Life and Music [1] del 2001 e Castles Made of Sound: The Story of Gil Evans [2]. Vi lasco i link per una più veloce consultazione. In italiano, manco a dirlo, non c’è un tubo.

 

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