Podcast. Belli e Dannati: Chet Baker

   Tempo di lettura: 5 minuti

foto autoreLa discografia di Chet Baker è sconfinata ma i dischi passati alla storia non sono moltissimi. Eppure è difficile trovare un disco che non riservi qualche emozione profonda, emozione di tipo musicale e non dovuta all’alone di poeta maledetto che gli si era appiccicata col tempo. Questa apparente contraddizione si spiega col fatto che Chet aveva una grande musicalità, una enorme sensibilità ed una forte voglia di suonare sempre cose nuove.
Il suo successo iniziale, nei primi ’50, è improvviso e folgorante: My funny Valentine, incisa col quartetto di Jerry Mulligan, lo lancia tra le nuove stelle del jazz.
La sua tromba morbida e senza vibrato si riallaccia a quella di Bix (ma anche al nuovo guru Miles Davis: prossimamente su queste pagine), ma il contesto è più morbido (anche se Chet allora suonava spesso bop) e Chet è bello e bianco ed oltretutto canta con una “voce d’angelo”.

Gli elementi per costruire un nuovo idolo per i giovani ci sono tutti, e per un po’ funzionano, ma qualcosa non quadra e la droga lentamente lo conquista e divora. Fugge in Europa, dove è amatissimo, ma in Italia viene arrestato e condannato. Quando esce di carcere comincia il suo vagabondare per il mondo, in America era ormai un ex, ma Europa e Giappone erano ancora un ottimo mercato.
Si circonda di musicisti del posto (a volti buoni, spesso mediocri) e lo scarso affiatamento si nota in alcune incisioni.
Adesso non è più il James Dean del jazz, sembra piuttosto un Jack Palance buono ma completamente avulso dal mondo. Anche la sua voce ha perso la cristallina purezza che tanto aveva scandalizzato all’inizio. Nel suo lento vagare nel suo inferno quotidiano, incide una marea di dischi, per farsi qualche soldo per la droga, con piccole etichette in formazioni la più svariate. 
Il fascino di queste incisioni, pur con i limiti indicati, dura ancora adesso, per cui si può tranquillamente dire che qualsiasi suo disco uno compri, rimarrà comunque soddisfatto. Della serie: Bello e Dannato. Il video da You Tube è, naturalmente, My funny Valentine. Buon ascolto e alla prossima.

La bibliografia è ampia; segnalo gli ultimi usciti su questo grandissimo e maledetto uomo (le schede sono degli Editori):

Roberto Cotroneo, E nemmeno un rimpianto. Il segreto di Chet Baker, Mondadori

Ci sono uomini che attraversano un’epoca come un miracolo. Chet Baker, per tutti “Chet”, è schiavo della droga, sfuggente, ambiguo. Ma appena avvicina le labbra alla sua tromba è come mettesse le ali, è come se l’anima del mondo potesse rivelarsi in un modo perfetto. Il protagonista del romanzo una mattina del 2006 riceve una telefonata. Una donna che conosce appena gli racconta una storia incredibile. Chet non è morto il 13 maggio 1988 cadendo dalla finestra del Prins Hendrik Hotel di Amsterdam sotto l’effetto di droghe. Era solo una messa in scena. In realtà vive in un luogo del Salento e nasconde un segreto. Il protagonista decide di partire per incontrarlo. E da quel momento inizia un viaggio affascinante dentro il talento di un genio inconsapevole e fragile. Ma anche un viaggio dentro le suggestioni della musica di Chet. Perché, come in un verso di Edgar Lee Masters in “Spoon River”: “se la gente scopre che sai suonare, ebbene, suonare ti tocca per tutta la vita”.

 

 

Chet Baker, Come se avessi le ali. Le memorie perdute, Minimum fax |

Chet Baker – musicista, eroinomane, pioniere del cool jazz della West Coast è sempre stato una figura tanto venerata e affascinante quanto misteriosa. Fino all’uscita di queste memorie, scoperte a dieci anni dalla morte, grazie alle quali possiamo ascoltare una volta per tutte la sua vera voce. Baker dominò la scena del jazz negli anni Cinquanta, lavorando a stretto contatto con musicisti del calibro di Charlie Parker e Stan Getz. Tuttavia nel decennio successivo si trovò risucchiato in una spirale sempre crescente di eroina, cocaina e droghe chimiche. Dentro e fuori dal carcere, passando di relazione in relazione, da una parte all’altra dell’Atlantico, in cerca di una sorta di riscatto: questo è il suo memoriale. Qui, alle reminiscenze della sua infanzia si susseguono le storie di donne, i ricordi da galeotto, la dipendenza raccontata con il gergo del tossico e – naturalmente – le mille esperienze nel mondo del jazz: in tutto l’arco della sua vita, infatti, Baker è sempre tornato a rifugiarsi nel conforto che la musica portava con sé, sotto l’ala accogliente delle placide note della sua tromba e dei sussurri sommessi della sua voce. Fino a questa preziosissima testimonianza autobiografica, le sue registrazioni erano tutto quello che avevamo.

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