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Podcast. Scrivere Jazz. La splendida passione di Murakami

   Tempo di lettura: 5 minuti

Ed io che pensavo di essere stata originale! Qualcuno più importante di me ha scritto esattamente quello che da un pezzo questa rubrica si ingegna di fare. Ed è la ragione del mio ammunitamento dalla rubrica, senza contare che un po’ di congedo serviva comunque per una pausa di riflessione. Il fatto che mi stiate leggendo è segno di questa riconciliazione con il web e non me ne vogliano i colleghi di questo splendido sito per la mia assenza. Siamo in cammino, come ama dire il mio due di coppia.

Lo scrittore giapponese e il suo amore per il jazz – “La musica di Chet Baker aveva un inconfondibile profumo di giovinezza” – “Miles conficca senza pietà il suo cuneo magico nelle incrinature dell’animo” – “Mi è venuta una voglia terribile di ascoltare La Mer suonata da Django Reinhardt…”

 

Comunque, nel 1981, Murakami vende il suo jazz bar, cosa che ricorderà in A sud del confine, a ovest del sole (1992) quando il protagonista Hajime diventa ricco grazie a due jazz club. Scorrendo l’elenco dei ritratti in jazz ci si accorge che Murakami Haruki ha rivissuto e amato la storia del jazz come un americano nato nei primi decenni del Novecento. La tromba di Louis Armstrong suona ancora per le strade, ma poi il jazz impazza nei locali notturni: Chet Baker, Benny Goodman, Charlie Parker, ma anche Duke Ellington, Nat King Cole e perfino Glenn Miller…

Quando Miller richiamato alle armi moriva sul canale della Manica durante la Seconda guerra mondiale Murakami Haruki non era ancora nato: è del ’49, ma per sua fortuna le registrazioni dell’orchestra diretta da Miller sono molte e in questo modo è riuscito ad assaporare un’atmosfera che non avrebbe mai potuto vivere. Così come si è appropriato della musica occidentale, classica e jazz, Murakami ha fatto con la letteratura: ha esplicitamente ammesso il proprio debito con Raymond Carver (da lui tradotto in giapponese) con Orwell, Scott Fitzgerald e naturalmente con classici come Dickens.

E i gatti? Beh, davvero non mancano. In Kafka sulla spiaggia c’è un personaggio demoniaco che cattura i gatti, nell’Uccello che girava le viti del mondotutto comincia con la sparizione di un gatto cui segue la scomparsa della moglie del protagonista, in 1Q84 Tengo, il protagonista maschile, parla di un “Paese dei gatti”. E nella raccolta di racconti I salici ciechi e la donna addormentataun racconto si intitola I gatti antropofagi. Insomma Murakami Haruki, scrittore “post”, si porta dietro predilezioni e ossessioni di libro in libro e mentre l’Occidente si sente da tempo al tramonto lui lo reinterpreta con la freschezza del neofita, come se tutto ciò che è già accaduto potesse ancora e per la prima volta accadere.

dal libro

“Mi rendo conto che al mondo ci sono tanti modi migliori di ascoltare il jazz, ma io preferisco farlo così, rannicchiato come una talpa in questa confortevole tana. La mia visione del jazz è molto simile, molto vicina a questo particolare suono, cioè è la mia visione individuale, personale. Credo che non evolva quasi. E dato che la nostra memoria per lunghi periodi gira sempre intorno agli stessi punti focali, finiamo col perdere di vista il corso degli eventi.
Di conseguenza, se qualcuno di voi non fosse d’accordo con le mie osservazioni sui musicisti jazz presi in considerazione qui, non dia troppa importanza alle mie parole. Semplicemente mi sono divertito ad ascoltare dei brani musicali, e poi a scriverci qualcosa sopra. Se la cosa funziona e riesco a farvi sentire quella sorta di calore che provo nella mia tana, nulla potrebbe farmi più piacere.
Keith Jarrett e John Coltrane non fanno parte della lista, ma vi prego di considerare quest’assenza un aspetto terribilmente raffinato del libro. La musica di Chet Baker aveva un inconfondibile profumo di giovinezza. Molti sono i musicisti che hanno impresso il loro nome sulla scena del jazz, ma chi altri ci ha fatto sentire con tanta intensità il soffio della primavera della vita?”

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