Paolo Sylos Labini, un maestro di civiltà

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“Un uomo di cultura è tale se sa guardare in modo non superficiale oltre il presente, sia verso il passato sia, per formulare congetture, ipotesi e decisioni – soprattutto se è uomo politico – , verso il futuro”.
Questa una delle tante frasi significative pronunciate nel corso della sua vita terrena dal sempre attuale Sylos Labini. Un pensiero civile, sconfinato, espresso sempre con vivacità e chiarezza utile a tratteggiare una parte importante della storia italiana. Capita quotidianamente di “incontrarlo” nelle pagine di un libro o di un quotidiano. Non c’è fatto socio economico che non ci riconduca alla sua azione di civil servant. Peraltro, l’aggettivo civile è stato uno dei più usati dal maestro per indicare una persona civile (si pensi alla descrizione del prezioso Ernesto Rossi) o a quella civiltà limitata in cui si era ridotto il nostro Paese visto con i suoi occhiali di osservatore acuto, attento e con la coscienza della persona per bene.

Una visione da vero riformista che oggi assume un valore ancora più forte vista la proliferazione di riformisti senza una effettiva idea di riformismo. Sylos le idee le aveva chiare, talmente chiare da vederci lontano, anticipando scenari che i venti di crisi morale ed economica hanno poi trasformato in uragani distruttivi di tutto il sistema che per anni è andato avanti per “mano visibili” accomodatrici di interessi precostituiti per consuetudine italiana.
La corruzione a tutti i livelli che ha fatto indossare agli occhi del mondo la “maglia nera” al nostro Paese ha minato dall’interno istituzioni e società di corte. Con una degenerazione dei costumi che ci riporta direttamente alla Repubblica di Bruto, e il Bel Paese per eccellenza diventa così il brutto Paese nel quale il concetto di libertà si è completamente ribaltato; dal riconoscimento delle battaglie civili, all’agire senza regole dove la legge non è uguale per tutti, poiché per alcuni “eletti” il sistema riconosce guarentigie impensabili per il privato cittadino, per la società senza stato e senza regole.
Sylos sul punto è chiarissimo quando lucidamente afferma “non dovete pensare che i vostri figli saranno orgogliosi di voi perché vi siete affermati politicamente. Al contrario, quando «capiranno», si vergogneranno di voi”. Come non accostare allora la sua opera al suo maestro Salvemini, all’amico Ernesto Rossi e al riformista Federico Caffè. Il primato dell’etica pubblica, dell’integrità morale, prima di ogni agire; l’atipicità della visione economica contro ogni strapotere che ha portato nelle mani di pochi la cabina di regia del sistema finanziario. Ecco perchè da “primo” degli indignati ripeteva con forza “perché siamo caduti in basso?” “Che diavolo di Paese siamo? appellandosi ai “concittadini” che avevano abdicato alla propria libertà per favorisce l’ascesa del potere mediatico al Governo. Con un appello che esortava “a fare uno spietato esame critico della coscienza civile evitando ogni formula consolatoria” soffermandosi sul termine “dignità”: un bene oggi rarissimo nel nostro Paese contro ogni “putrefazione morale”. Sylos era contro i luoghi comuni sublimati dal “tanto non cambia niente” “sono tutti uguali”. Egli non si stancava di ripetere fosse solo l’unica voce al mondo che ” per giustificare il malaffare si usa dire, riecheggiando antiche tesi, che la politica non va confusa con l’etica. Ma fra l’etica e la politica c’è distinzione e con contrapposizione, e c’è distinzione e con contrapposizione fra etica ed economia”. In questa Italia di “tanti paese messi assieme, con storie diverse”, ci sono pagine bellissime di Sylos Labini sul concetto di sensibilità civica. Ma una in particolare fa pensare ad un’Italia che non c’è più. Ad un’Italia in bianco in nero degna di un film muto. Immagini semplici di una terra non contaminata dalla corruzione dell’uomo e dei costumi. Immagini neo realiste del miglior Vittorio De Sica. In queste immagini l’unica voce che si sente è quella di Sylos che, con la sua saggezza sulle classi sociali , documentò il nostro Paese con un flashback di grande attualità: “penso che gli italiani con senso civico non siano rari[…] Troviamo tradizioni di civiltà in certi strati sociali, come i contadini non poveri – i poverissimi per tanto tempo sono stati condizionati dalla fame, che ha bloccato la loro crecita civile. La nuova piccola borghesia spesso trae origine dai contadini poveri (salariati, piccolissimi proprietari equiparabili ai salariati) e da persone che appartenevano al sottoproletariato urbano; memori dela fame antica spesso queste persone sono mosse dall’ansia di far quattrini, costi quel che costi in termini morali. Molte famiglie di contadini relativamente benestanti, invece, hanno antiche tradizioni e hanno rispetto per certi valori, che non mettono neanche in discussione, perché i valori quando li cominci a discutere li logori”.
Ecco perché ci manca l’Italia di Sylos Labini, perché per lui si può dire quello che il nostro “maestro di civiltà” disse a proposito di Carlo Cattaneo “nitido, chiaro, onesto e coraggioso”

 

ANTONIO CAPITANO

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