Edward Bunker, Mia è la vendetta

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   Tempo di lettura: 2 minuti

copertinaEdward Bunker
Mia è la vendetta
Einaudi

Einaudi Stile Libero pubblica in anteprima mondiale un nuovo romanzo dell’autore di culto. Cinque racconti folgoranti, da grande letteratura, in cui l’autore “di culto” racconta un secolo di scontri tra neri e bianchi, come chiave per capire non solo il carcere, ma l’intera storia degli Stati Uniti. Questo libro è l’addio di Bunker ai suoi lettori.
Viene pubblicato in anteprima mondiale nel Paese che forse lo ha amato di piú.

Che si tratti della storia del diciannovenne Booker Johnson, che nella L. A. non ancora razzista del 1927 esce di casa e non potrà mai più «fare la telefonata» alla madre, perché rinchiuso per la vita a San Quentin; o di George Jackson, che in carcere decide di vendicare la morte di un detenuto nero, dando origine a un celeberrimo episodio di rivolta e al mito dei «fratelli di Soledad», i personaggi di Bunker sono colti qui non tanto nel momento in cui il loro destino si compie, ma in quello germinale, in cui la trama, inesorabilmente, si compone. E la trappola, o la storia, è già pronta, davanti ai nostri occhi che possono solo partecipare.
Nelle mani di Bunker anche un capitolo famoso della rivolta nera – come nel racconto che dà il titolo al libro, Mia è la vendetta -, aldilà della verità storica, si piega a una verità poetica che sembra illuminarlo per la prima volta di una luce definitiva.
Negli ultimi anni della sua vita «Eddie» Bunker ha riflettuto e scritto molto sullo scontro tra neri e bianchi in America, e sulla segregazione razziale come chiave per capire non solo il carcere, ma l’intera storia degli Stati Uniti.
Ne è nato un libro, destinato con una lettera al suo agente e amico Nat Sobel, che solo la morte gli impedì di veder pubblicato. Doveva essere la prima parte, in sé compiuta, di una narrazione d’insieme dello scontro fra bianchi e neri in America. Il libro segue un percorso narrativo preciso, dal nascere dell’odio nella Los Angeles del 1927 alle diverse prospettive da cui viene vista la storia dei «fratelli di Soledad» negli anni della rivolta nera, al racconto esemplare di un pasticciato, tragi-comico tentativo d’evasione dal Braccio della morte: forse una delle cose piú belle in assoluto mai scritte da Bunker

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