Il mio nome è Chuck e mi lavo spesso

   Tempo di lettura: 5 minuti

La mia definizione di sporco e la vostra definizione di sporco probabilmente sono molto diverse. Voi vi lavate le mani dopo aver mangiato il pollo o dopo aver fatto la cacca. Io devo lavarmele dopo aver toccato un animale, un bambino, una cassetta delle lettere, un pulsante dell’ascensore, i soldi – le monete soprattutto -, le mani degli altri, qualsiasi cibo – sale, pepe e condimenti compresi – e qualsiasi cosa io consideri «della natura» – erba, terra, legno e così via.Mi lavo le mani un botto di volte.Spesso è l’unica cosa a cui riesco a pensare.

Chuck è un diciassettenne afflitto da innumerevoli paranoie. Si lava le mani in continuazione e, soprattutto, dopo aver toccato qualcosa; ha l’ossessione (che gli causa pure l’insonnia) delle manopole del gas, arrivando a controllarle in continuazione; ha la fobia di essere contaminato da germi e batteri che limita fortemente le sue già scarne relazioni sociali.
Possiede una vasta collezione di Converse di diversi colori: ogni colore corrisponde a uno stato di umore e Chuck indossa quelle appropriate a ogni stato d’animo nel corso della giornata.Le sue relazioni sociali, come già accennato, sono scarne: ha un solo amico, Steve, che è il bersaglio preferito dai bulli della scuola; la sorella di Chuck, Beth, lo disprezza e lo ignora al punto di negargli perfino l’amicizia su Facebook.

 

I genitori di Chuck, preoccupati per il suo futuro – soprattutto in relazione all’imminente ingresso al college – gli suggeriscono di consultare una psichiatra ma Chuck rifiuta categoricamente l’idea.
Solo dopo un po’ di tempo, rendendosi conto della gravità dei propri problemi, accetta di recarsi nello studio della specialista la quale gli suggerisce una serie di comportamenti da mettere in atto al fine di risolvere le proprie manie. Dopo vani tentativi, la psichiatra arriva a proporgli l’assunzione di un antidepressivo, immediatamente acquistato dai genitori ma che Chuck decide di non prendere.Ma le vicende che si susseguono nella vita del protagonista, compresa una forte cotta per una nuova compagna di scuola, lo mettono con le spalle al muro costringendolo ad assumere lo psicofarmaco.Seguiranno altre avventure, più o meno drammatiche – e, talvolta, esilaranti – che trasformeranno Chuck, il quale riuscirà a conferire una svolta alla sua deprimente vita.

Questo libro, narrato in prima persona dal protagonista, è divertente e spesso comico; chi di noi, nella propria vita, non ha mai sperimentato (disturbo ossessivo-compulsivo a parte) alcune situazioni in cui è incappato Chuck?
C’è solo un appunto (piccolo o grande, a seconda del giudizio del lettore) da fare: il libro è stato scritto come genere  YA  (Young Adult), pertanto destinato  in primis  a giovani lettori;  involontariamente, spero, trasmette l’erroneo messaggio secondo cui (e secondo la maggioranza delle opinioni di psichiatri e medici, nonché di molte persone) un farmaco psicotropo possa risolvere i problemi della vita, inclusi quelli tipici dell’età adolescenziale.

Negli Stati Uniti, così come in molti altri Paesi, ogni disturbo di tipo psicologico viene diagnosticato in base a un manuale psichiatrico e curato con uno o più psicofarmaci dagli effetti collaterali pericolosi e spesso devastanti; senza contare che l’efficacia di tali farmaci non è comprovata. Anche bambini e adolescenti, purtroppo, assumono tali farmaci – spesso per motivazioni assurde, per lo più legate a comportamenti tipici dell’infanzia e dell’adolescenza – e l’uso (e l’abuso) di tali sostanze causa altri tipi di disturbi o di complicazioni, a volte fatali.L’industria farmaceutica foraggia i medici che prescrivono tali farmaci, inducendoli a farli assumere per le più disparate situazioni – anche per quelle non patologiche – al fine di “aumentare il benessere e la felicità” delle persone e, conseguentemente, far accrescere i margini economici delle aziende produttrici.
Ma il prezzo, pagato dai pazienti e dalle loro famiglie, è molto alto. Siamo davvero sulla strada giusta?

 

per BookAvenue, Paola Mattiazzo

 

Il lIbro:

Aaron Karo
Il mio nome è Chuck
Giunti editore
Trad. Mar o Rossari
pp.288

L’Autore:

AARON KARO è un giovane autore di libri di fiction umoristica, bestseller nelle classifiche americane e apprezzati per la vena graffiante e sfacciata. Dal 1997 Karo è anche editorialista di una rubrica seguitissima, che ha avuto così tanto successo da diventare un social network. Questo è il suo primo romanzo per YA.

Questo è il link del suo sito: www.aaronkaro.com

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