Safran Foer ha voluto sperimentare la forma romanzo come in un certo senso l’avevano fatto prima di lui, stravolgendone i canoni, Joyce o Dos Passos, per citare giusto i nomi più importanti. Ma non siamo più al tempo delle avanguardie, non si tratta di rivolta, ribellione e senso di liberazione. Nel duemila, la sperimentazione si presenta come un’inevitabile condizione artistica . Di sicuro rimane l’originalità a marcare il valore artistico di questo testo.
Un romanzo che si racconta attraverso tre stili diversi, tre voci narrative diverse, tre orizzonti temporali e geografici diversi e soprattutto 3 forme di narrazione diverse che convergono nell’unicità del plot e nel sorriso intelligente dell’autore, che conferisce a uno dei protagonisti i suoi stessi dati anagrafici (e biografici); egli non é tuttavia più narratore onniscente super partes di tipo Ottocentesco, ma parte della storia stessa! Tanto per confonderci le idee un po’ di più.
Questo sistema a incastri rende, oserei dire, il testo l’unico esempio di narrativa cartacea che riproduce le sperimentazioni della letteratura elettronica o digitale contemporanea. Una sorta di ipertesto o iperomanzo su carta. Perche’ le parti si combinano, in maniera fluida, con un ritmo che è quello del viaggio che il protagonista intraprende nell’Ukraina realistica, assurda e surreale dei nostri giorni, alla ricerca di tracce del nonno e della ragazza che lo salvo’ dai nazisti, e parallelamente nell’Ukraina di Fine Settecento dove la storia della sua famiglia, i Safran, ebbe origine.
I personaggi che ci guidano in quest’avventura sono approcciati con (auto) ironia; essi sono i protagonisti delle vicende e delle loro piccole grandi storie personali, che s’intrecciano con la “Storia” loro malgrado. Solo l’autore rimane un po’ nascosto, quasi ad essere pretesto per illuminare anch’egli l’umanità che le persone inaspettattamente portano dentro di sé e che ognuno comunica coi suoi mezzi e possibilità. Inevitabilmente, date le origini ebraiche dell’autore, la storia si macchia di tragedia, soprattutto per quanto riguarda le vicende del nonno vissuto durante la seconda guerra mondiale. Ma anche lo sguardo sugli orrori del Nazismo si fa originale, intenso e per nulla stereotipato.
E lo stile, in un crescendo di sperimentazione, raggiunge livelli di lirismo e poesia finali, davvero unici e originali nel panorama contemporaneo della prosa, stravolgendo forme sintattiche e strutture della frase, in un apogeo che gioca anche su aspetti visivi e sonori.
L’accento a mio avviso é posto sulla dimensione temporale dei nostri vissuti, il passato visto come trama esistenziale che avvolge la nostra vita dal più piccolo dettaglio quotidiano alla più profonda emozione. Perché il passato solo illumina il nostro presente e il senso delle nostre vite, anche quando sono fatte di gesti più o meno significanti.
per BookAvenue, Silvia Bertolotti