La paura delle donne. Intervista a Marcela Serrano

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Nove donne si ritrovano lo stesso giorno nello stesso luogo, chiamate dalla terapista che hanno in comune, per raccontare la loro storia. Non si conoscono, per cui raccontano le loro vicende dal principio. Insieme alle loro vite, raccontano le ragioni per le quali sono andate in terapia. Natasha, la terapeuta, è la catalizzatrice, il filo conduttore di ogni storia, ma non ascoltiamo mai la sua voce, anche se sappiamo che è presente. Nell’ultimo capitolo conosciamo la storia di Natasha, raccontata da un’altra donna ancora. Sono tutte donne molto diverse tra loro, come dimostrano le loro origini, professioni, età, estrazione sociale e linguaggio.

Affresco e caleidoscopio delle problematiche femminili contemporanee, dalla vecchiaia al lesbismo, passando attraverso i classici problemi dei ruoli, essere figlia, essere madre, essere sposa, il romanzo si basa sul convincimento di Marcela Serrano che le ferite inizino a sanarsi quando vengono condivise, e che, in fin dei conti, tutte le donne hanno la stessa storia da raccontare. Non a caso la stessa idea era alla base del suo primo romanzo, “Noi che ci vogliamo così bene”, idea che come un fil rouge attraversa tutta la sua produzione letteraria.

Nove donne più una sono il quid dell’ ultimo romanzo di Marcela Serrano, scrittrice cilena di fama mondiale. “Dieci Donne”, edito da Feltrinelli, rispecchia ogni donna , intrappolata nella gabbia dorata della sua dipendenza, affettiva, economica, sociale, eppure ancora capace di scegliere il luogo dove “stare sola”. Di seguito la breve intervista di Claudia Caramaschi

Le protagoniste del tuo nuovo romanzo sono tutte in terapia, perché?

“La terapia e la scrittura hanno molto in comune, sono amiche di banco. La scrittrice e la terapeuta sono amiche intime, sebbene la prima ci regala la storia mentre la seconda l’accoglie . Il volersi sottoporre a un percorso terapeutico denota forza e fragilità, emozioni che le donne vivono ogni giorno sia da sole che in compagnia, riuscendo a condividere anche le proprie solitudini, una sorta di condivisione solitaria, una condivisione sconosciuta agli uomini che spesso rinnegano il sentire,definendolo quasi un esercizio inutile…”

A quale delle “nove donne” ti senti più vicina?

“Sicuramente a Simona, sessantunenne di sinistra, laureata in psicologia, che ha dedicato più di metà della sua vita a lottare per la parità dei diritti della donna, per il rispetto della differenza. Una donna che ha scelto di essere dove è, che non è sola quando è da sola, che aveva bisogno di un vasto orizzonte. Come me è una donna incline all’indipendenza, all’autodeterminazione che cerca ogni giorno di essere responsabile delle sue scelte”.

La vita di società ha una data di scadenza come lo yogurt?

“La vita in società per me è un limite, sono sposata con un uomo politico, ambasciatore, spesso sotto i riflettori. Mi cambiavo d’ abito tre volte al giorno, ero sempre truccata in modo impeccabile, capelli perfetti, dovevo convivere con persone che non mi interessavano, tutto questo era una follia ed a un certo punto ho detto basta, ho cambiato vita, vestiti, compagnie”.

La rivolta studentesca in Cile è guidata da una giovane donna, Camila Valleyo…

“Nel 2006 per la prima volta nella storia del Cile fu eletta come presidente una donna: Michelle Bachelet. La sua vittoria fu accolta e intesa in tutto il mondo come un evento straordinario ed epocale. Michelle Bachelet, a cui fu assegnato il quindicesimo posto tra i leader più influenti al mondo, usando parole concise si definì “una donna socialista, separata e agnostica”. Questa sua venuta aprì le porte anche al successo di Camila. L’organizzazione studentesca a cui fa capo ora la giovane Camila è sempre stata guidata da uomini ed oggi questo capovolgimento non sconvolge più nessuno, nessuno più si meraviglia se le ragazzine aspirano a diventare presidentesse. Il Cile è ammirato per la sua vita politica e pubblica di forte matrice progressista, purtroppo non è così nell’ambito famigliare, nella quotidianità”.

Che tipo di rapporto sussiste tra donne e il potere?

“Michelle Bachelet ha gestito il potere politico, il potere esecutivo, il potere internazionale in modo radicalmente opposto a come lo hanno fatto i suoi predecessori di sesso maschile. Il suo impegno a favore dell’uguaglianza di genere è sempre stato al centro dell’agenda politica. Anche il suo rapportarsi con il popolo è stato innovativo. Una famosa giornalista cilena l’ha definita la anti – Thatcher in virtù della trasformazione che ha apportato ai codici maschili del potere dominante. La struttura del potere interpretato dalla presidentessa è stato orizzontale e non verticale. E’ stato la sua forza. E quanto è accaduto con lei ha lasciato tracce indelebili”.

Essere “lesbica” è ancora discriminatorio?

“In Cile sicuramente. Questa genere di sessualità è vissuto male, è sofferto, è nascosto. Le donne lesbiche hanno un problema effettivo ad esternare la loro sessualità con l’ambiente famigliare, sono costrette ad inventarsi una vita parallela, persino le figlie di donne emancipate. Non è così invece per gli omosessuali”.

“Dieci Donne” che possono cambiare se stesse per cambiare il mondo?

“Una donna è la storia delle sue azioni e dei suoi pensieri, di ferite ed entusiasmi, di vittorie e di sconfitte. Una donna è anche e sempre la storia di molti uomini. Una donna è la storia del suo paese e della sua gente. Cambiare se stesse, migliorare se stesse è un processo lento, complicato, lungo, ma perseguibile: Non importa. Prova ancora. Sbaglia ancora.

a cura di Claudia Caramaschi per il Corriere Nazionale

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