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L’Antartide di Laura Pugno

   Tempo di lettura: 3 minuti

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di Michela Murgia

Immaginate che vostro padre muoia e il notaio vi comunichi che tutto quello che avrebbe dovuto spettarvi per diritto ereditario sia invece finito nelle casse di una strana casa di riposo, un luogo ameno e fuori dai tracciati che sta sul confine tra l’Italia e un’altra nazione. Se il vecchio genitore in quella casa non è mai stato ospite, forse anche al figlio più distaccato potrebbe venire voglia di andare a scoprire cosa c’è dietro quel lascito incomprensibile.

Sembra un giallo e forse in qualche modo lo è questo Antartide di Laura Pugno appena uscito per Minimum Fax. Non perché si serva di meccanismi propri del poliziesco tradizionale, ma perché fonda tutta la struttura narrativa su un’assenza non dichiarata, benché messa in scena di continuo. Sin dall’inizio, prima ancora che comincino a succedersi in sequenza gli eventi della vicenda, il protagonista del romanzo sembra sospeso dentro un’attesa, vittima consapevole di una distanza dal tempo e dallo spazio degli altri che finisce per farlo sembrare estraneo anche a sé stesso. Nella vita di quest’uomo tutto è già trascorso, tutto è ex: suo padre morto, che aveva una vita dove lui da anni non era più compreso; sua moglie, che da tempo è diventata la donna di un altro; persino sua figlia, una creatura misteriosa con la quale l’estraneità è tale che diventa cosa fisica. La casa di riposo dove andranno per ragioni diverse è il luogo dove si annidano tutti i misteri della vicenda, ma è anche il luogo simbolico della risoluzione di ogni loro relazione e di quella degli altri protagonisti della vicenda, tutti complici e tutti testimoni di ciò che in silenzio avviene tra le mura di quello strano residence.

Nei romanzi di Laura Pugno appare come dato costante almeno un elemento narrativo di non-realismo che porta le sue storie a sfiorare i confini del fantastico. Antartide non non fa eccezione, anzi porta questa scelta di stile alla massima potenza. La tensione verso l’inatteso non abbandona mai la pagina, ma anziché giocarsi esplicitamente come era avvenuto nei suoi precedenti romanzi (Sirene e Quando verrai), si risolve tutta dentro ai personaggi femminili, ciascuno a suo modo fantastico e inquietante. Laura Pugno ama descrivere le donne, sia le vecchie che le bambine, come creature pericolose, misteriose, incomprensibili e destabilizzanti, figure che vorresti accanto solo quando sei ben sveglio. Allo stesso tempo i suoi personaggi maschili tendono a somigliarsi tutti, con poche sfumature di carattere: introversi, con tanti segreti, taciturni, consapevoli e robusti d’animo, soprattutto quando questa loro silenziosa forza deve esercitarsi per rendere possibile il cedimento della debolezza altrui.

È una scrittrice che scrive poco, Laura Pugno, ma quello che scrive ha la particolarità di restare appiccicato alle dita con cui poi toccherai tutto il resto.

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Michela Murgia [1]


Il lIbro: Laura Pugno, Antartide, MinimumFax

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