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Il prezzo delle storie

   Tempo di lettura: 3 minuti

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di Michela Murgia

Tutte le storie hanno un prezzo, anche se non sempre corrisponde a quello che appare sul retro della copertina. Lo sanno i lettori e lo sanno gli scrittori: nessuna storia è mai innocua, tanto meno gratis. Non conta che siano narrazioni poderose, belle e indimenticabili oppure storielle insulse e senza alcuna logica; persino la fiaba di Cappuccetto Rosso alla fine ti presenterà il conto, magari anni dopo, quando in barba a tutta la tua civiltà ti sorprenderai a considerare ovvio e normale che sparino in faccia a Bin Laden per rendere il tuo mondo un posto migliore.

C’è qualcosa di oscuramente liberatorio nell’idea che il lupo cattivo morirà per mano del buon cacciatore e poi Cappuccetto tornerà a pranzo con la nonna in un mondo di nuovo ordinato. Non importa che questa non sia la verità, perché è proprio nella capacità di descrivere mondi “di nuovo in ordine” che si cela il vero potere delle storie.
Una storia non cambia la realtà, ma un uomo che ha ascoltato una storia ha in mano una chiave per rimettere il mondo in ordine e nessuno potrà più fargli credere che la realtà non si può cambiare. Per questo chi scrive o legge storie progetta rivoluzioni, per questo tutti paghiamo un prezzo. Qualcuno però lo paga più alto degli altri. Guardando gli occhi vivacissimi dello scrittore siriano Khaled Khalifa ho capito quanto è stato alto il suo e con quanta determinazione sia disposto a pagarlo ancora. Nel romanzo Elogio dell’odio Khalifa ha scelto di raccontare ai siriani i crimini del padre dell’attuale presidente Assad: il libro, ricco di indimenticabili personaggi femminili, ruota tutto intorno all’eccidio di Hama, un nome famigerato che evoca il ricordo della carneficina che negli ultimi trent’anni ha inebetito gli oppositori del regime e ancora oggi frena tanti siriani dall’unirsi alla piazza. Nel 1982 la repressione dei militari di Hafez Assad rase al suolo migliaia di persone che protestavano, con spirito simile a quello che sta facendo ora suo figlio grazie all’inedia internazionale. Il “modello Hama” rappresenta l’extrema ratio che il regime userà per sopravvivere e decidere di raccontarlo è stata una precisa scelta di campo per Khaled Khalifa.

Nonostante la prevedibile censura lo scrittore siriano non ha smesso di vivere a Damasco, nemmeno ora che le proteste sono diventate rivoluzione e il regime arresta persino i bambini che appongono scritte di protesta sui muri. Intervistato da Gad Lerner in un memorabile momento di televisione, Khalifa si è sentito chiedere se non aveva paura di morire restando in Siria. “Questo non ci importa”, ha risposto usando uno strano plurale. “Quando un popolo ha pagato il suo prezzo di sangue, cosa conta quel che può accadere a me?” C’è un prezzo nelle storie che è lo stesso della Storia. Aprite i libri con cautela.

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Michela Murgia [1] 3 Luglio 2011


Kaled Khalifa, Elogio dell’odio, Bompiani

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