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Soffia su Tarifa il vento caldo dell’inferno

   Tempo di lettura: 3 minuti

copertinaMontero Glez
Quando la notte obbliga
Salani

Tarifa è una città spagnola, la città di Ercole e la città dello Stretto. Ha quindicimila abitanti, dista poco meno di quindici chilometri dal Marocco, da cui è separata da una lingua di mare. Lì “succede che il vento soffia così forte da cancellare il numero di scarpe. E che al suo passaggio infuriato strappa via i pois dei fazzoletti, porta con sé i latrati di cagna e baci perduti per sempre”. Ma capita anche che “il mare si increspa e che, salato com’è, investe la costa e gioca con gli umori del viaggiatore”.

Beninteso: di tutti i viaggiatori, e dunque anche del protagonista del romanzo di Montero Glez, Quando la notte obbliga, da poco pubblicato da Salani. Persino lui sembra uno dei tanti avventori della costa iberica, ma non lo è. Attorno al suo viaggio, ma non in sintonia con esso, si muovono una serie di personaggi irregolari, quasi schizofrenici, a cominciare da Luisardo, uno “a cui gli dei, sicuramente per passare la giornata, avevano concesso ciò che noi mortali chiamano occhio clinico, che consiste nell’intravedere un tipo e fargli la radiografia sul momento”. Sarà lui, in qualche modo, a decretare la fine del viaggiatore e a restituire quell’esistenza ad un racconto fantastico dove la verità ha il confine labile della menzogna.
Quanto a intreccio e trama, sarebbe facile classificare il romanzo di Glez come un semplice noir. Non lo è. O meglio: non è solo questo. Tra equilibristi delle parole, criminali, avventurieri e affabulatori, dalle pagine dello scrittore madrileno si dipana un narrazione incalzante, mai banale e assertiva. E prende così forma un’umanità degenere che trasforma una città in un girone infernale, mischiando bene e male con realismo e lucidità. Nel libro di Glez ci sono donne che hanno “hanno più curve di una bottiglia di Coca-Cola, occhi di carbone bagnato e pelle di caffè” ed altre la cui “bellezza ferisce lo sguardo”; “ragazzine perbene, sacrificate ai loro fratelli nel corpo e nel sangue”, ma soprattutto tanti, tanti cadaveri.
“Romanzo di cappa e spada da ritmi e tonalità postmoderne”, “mix di Federico Garcia Lorca e Quentin Tarantino”, “stile debordante e sanguigno”: sul suo conto, in Spagna, è stato detto e scritto un po’ di tutto. Ma forse fa più fede ciò che ha sostenuto Arturo Pérez Reverte: “questa è letteratura di verità, pura. La storia narrata è dura e nera, nervosa e rude e c’è sesso, humour e ritmo. È andato all’inferno, e lo racconta alla perfezione. Leggilo, se hai fegato abbastanza”. Un romanzo che fa di Glez uno dei più promettenti scrittori della nuova leva iberica e che riconferma la narrativa spagnola come una delle più avvincenti fucine letterarie dell’Europa contemporanea.

 

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