Il libro è un continuo viaggio temporale tra il paese di oggi e quello che era un tempo, in una descrizione in cui le permanenze sono rare e i mutamenti molteplici. C’è, ahimè, la tendenza a cadere talvolta nella retorica del buon tempo antico, ma in fondo è normale quando si ricorda la propria gioventù e fa parte del gioco della narrazione. La descrizione dei mutamenti riguarda il paesaggio naturale e l’ambiente antropico; il fatto che i nomi dei luoghi siano citati in base al nome delle famiglie che vi abitano, anzi ormai che vi abitavano, denota una forte affinità con il territorio. I ricordi legati ai vari edifici, come l’albergo o la pista da ballo, si collegano alla rievocazione di una aneddotica personale e alla spiegazione di come era la vita quando le abitazioni avevano il cesso all’esterno, un altro mondo: migliore o peggiore risulta difficile dirlo, certamente diverso e privo di comodità, ma forse più genuino.
E in questa rievocazione dei luoghi senti che vorresti poter controllare su una tavoletta IGM le strade, i sentieri e i posti di cui racconta per poterti orientare meglio in quello spazio che non conosci, ma che ti incuriosisce. Ecco forse questa è la mancanza del libro: una cartina topografica.
Partendo dal ricordo dei vecchi sentieri abbandonati - un tempo fondamentali perché tutti si spostavano a piedi, mentre oggi tutti in auto - ormai invasi dai rovi e non più praticabili, si arriva alla descrizione degli alberi e delle piante con i loro nomi dialettali e l’elenco degli animali che puoi incontrare nei dintorni, come il cinghiale che invade e distrugge l’orto dietro casa o crea nuovi sentieri a proprio uso e consumo, e degli animali in cui ci si poteva imbattere un tempo e ora sono scomparsi.
Ne risulta un libro intimo e intriso di ricordi personali in cui la reminiscenza di alcune ricorrenze particolari nel corso dell’anno assume il sapore di una specie di Madeleine popolare.
Il confronto con il primo libro di Guccini su Pavana “Croniche Epafaniche” è naturale; se il primo romanzo aveva il vigore e l’entusiasmo del sorgere dell’esistenza questo ne rappresenta il tramonto, un tramonto non solo personale, ma anche di un paese in declino, che si spopola, in cui chiudono i negozi e non si trovano più gli artigiani come un tempo. Il tramonto di un mondo che è stato. Risulta un racconto crepuscolare, termine che non può non evocare uno degli autori preferiti di Guccini: Guido Gozzano. Ed è la narrazione nostalgica di una diversità che non c’è più; non esiste più una differenza tra la cultura cittadina e quella montanara, sono omologate dalla televisione e da internet..
L’ultima parte è una piccola Spoon River personale con un breve ricordo di alcuni paesani defunti; poiché siamo a Pavana la potremmo chiamare una Piccola Antologia del Vignale; perché questo è il nome del locale camposanto, posto in alto alla fine del paese. Prima o poi tutti finiscono al Vignale.
per BookAvenue, Davide Zotto