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Mohsin Hamid, Il fondamentalista riluttante

   Tempo di lettura: 6 minuti

{jcomments off}foto autoreMa continuai a guardare e mi resi conto che non era una finzione ma una notizia. Vidi crollare prima una e poi l’altra delle torri gemelle del World Trade Center di New York. E allora sorrisi. Sì, per quanto possa apparire deprecabile, la mia prima reazione fu di notevole compiacimento
L’11 Settembre tra le altre cose ha ridefinito lo scenario delle nostre librerie, in cui per orientarsi verso i quattro punti cardinali tra titoli e copertine, non si utilizzano più gli schemi delle tensioni e delle contraddizioni di un mondo bipolare, ma nuovi titoli, nuove immagini, e nuovi fenomeni politici, religiosi e culturali.

Il fondamentalista riluttante, di Mohsin Hamid è un gran bel libro, scorrevole e intenso, di cui alcune parole chiave possono essere individuate in vergona e risentimento. Sono i sentimenti striscianti per tutta la storia, che il protagonista prova nei confronti dell’Occidente e che alla fine raggiungeranno la loro espressione più evidente.

Changez è la rappresentazione del sogno americano: giovane immigrato dal Pakistan negli Stati Uniti, eccelle a Princenton e diventa il pupillo di una esclusiva, cinica e competitiva agenzia finanziaria. ha cominciato da poco il lavoro di analista finanziario e va in giro per il mondo a fare le analisi il cui effetto sarà smembrare aziende, licenziare persone etc. etc. e coloro per il quale sta facendo il lavoro sono gli stessi che stanno gettando il paese nella guerra, come guarda ogni mattina allo specchio. Trova il tempo di innamorarsi di una ragazza americana della buona società, dotata di una forza magnetica con la quale attira intorno a sè le persone secondo quasi una legge inesorabile della fisica. Ma la propria “forza gravitazionale” non le permette di liberarsi da un passato che la imprigiona e in cui si rifugia (volente o meno) erigendo all’esterno muri che la rendono inaccessibile.

Per i due l’11 Settembre è un evento determinante. Changez si sorprende a cogliere i propri sentimenti verso la civiltà che lo ha accolto e mantenuto, lei è travolta da sensazioni che pensava di aver accantonato, vecchi pensieri rimessi in circolo come “sedimenti sul fondo di una palude”, portando ognuno dei due al proprio destino.

Il monologo di Changez con il suo silenzioso interlocutore, apparentemente un turista americano seduto a un tavolino del bazar di Anarkali cresce di intensità, riga dopo riga fino a culminare in un finale inaspettatto.
E’ un romanzo sul proprio posto (se mai ce n’è uno), sulla propria identità divisa tra culture e geografie diverse, istruttivo se se ne vuole cogliere anche questo aspetto, sul fenomeno del terrorismo globale più di molti saggi oggi in circolazione ben più lunghi e meno coinvolgenti.

Questo nostro tempo corrente è marcio. Ne abbiamo viste e passate di cose negli ultimi anni: l’allegria del boom economico degli anni sessanta, il riflusso dei settanta e la deriva del terrorismo e le sue cronache di morte ogni settimana, l’edonismo degli ottanta e la lenta crisi anche di identità dei novanta. Tutta roba fatta in casa. L’11 settembre sembra aver svegliato tutti dal sonno. Ci siamo accorti da svegli di un mondo che mai credevamo di avere. Un mondo pieno di una miseria e violenza come di guerre e morte. Macellerie globali. Qui le bombe colpiscono indifferentemente a Madrid come a New YorK come in Iraq o in Afganistan. Paesi questi “liberati” dal terrore con altrettanta morte. Abbiamo imparato a conoscere nuovi vocaboli come Darfur per esempio. Così come la morte di un uomo data ad un altro in nome del proprio Dio. A centinaia, come fanno gli Hutu e Mutzi. Nuovi vocaboli.

Questo nostro tempo corrente è marcio perché la pornografia della paura è stata tolta dagli scaffali dei libri per adulti e messa tra i fumetti e tra i libri per bambini. Fino a diventare bestseller . I media non ci dicono più che le cose andranno bene, che tutti i problemi si risolveranno, ora preferiscono farci sapere che, in un modo o nell’altro, moriremo tutti, prima o poi. Siamo tutti manipolati da questa nuova pornografia della paura.

Questo nostro tempo corrente è marcio perchè affermiamo di voler portare l’umanità stordita dall’impotenza e dalla paura nel paradiso della democrazia. Negando l’evidenza dei morti quotidiani, che il nome di questa democrazia chiede come pegno.

La letteratura si è fatta carico di risvegliare le coscienze alla cultura del dialogo per la causa della pace, della libertà, della convivenza e del progresso. La politica, invece, colpita dall’epidemia, si ritrova in quarantena, incapace di tradurre concretamente questa audacia alla speranza. Perché la vocazione politica, la lotta per il potere non sono sufficienti se l’educazione ai valori è confusa con l’amministrazione dei bisogni, se l’ideale non è condiviso dalle genti.
Questa idea di democrazia è marcia perchè in fin dei conti è una vocazione e all’egoismo di pochi e alla servitù di molti.


per Bookavenue, Lucia Agrotti


copertinaMohsin Hamid
Il fondamentalista riluttante
Einaudi


 

 

 

 

nota della redazione:
Lucia Agrotti Smith, 62 anni libraia storica di Genova e co-fondatrice di Bookavenue, è venuta a mancare al nostro affetto durante le festività di Pasqua del 2009. Era nella sua casa al mare di San Ilario. Se ne è andata come ha vissuto: senza disturbare.
La sua mancanza è per noi intollerabile.
(mg)

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