J.K.Rowling. Il seggio vacante

   Tempo di lettura: 6 minuti

con questo articolo, Silvia Belcastro inizia la sua collaborazione con BookAvenue. Da tutti noi benvenuta a bordo!

Ho letto molte recensioni di The Casual Vacancy, il primo romanzo per adulti della scrittrice che ha creato Harry Potter. Ce ne sono di tutti i tipi, ma su internet abbondano i giudizi negativi conditi di quel gusto sadico con cui gli intellettuali amano strappare il piedistallo agli artisti che hanno avuto troppo successo. Ma osservo comunque che il trucco non funziona: J.K. Rowling ha così tanto talento e così tanti soldi da potersi permettere di scrivere quello che vuole, e come vuole…

 

 

Qualcuno però ritiene ancora che una frattura insanabile divida gli scrittori per adulti da quelli per ragazzi, e che passare da un mondo all’altro sia tabù. E c’è addirittura chi pensa ancora che gli autori per l’infanzia siano, in qualche modo, “inoffensivi”.

Avendo più di trent’anni e basando le mie scelte di vita su Momo, Pippi Calzelunghe e Matilde, non entro nemmeno nel merito di una tale assurdità. Mi sembra però impossibile che ci sia ancora chi pensa che Harry Potter sia un libro per bambini e per di più un libro “inoffensivo”. In fondo, tutti abbiamo visto le schiere di quarantenni con i romanzi nella ventiquattrore e persino ascoltato gli anatemi di Joseph Ratzinger. Dunque chi si aspetta che il primo romanzo ufficialmente “per adulti” di J.K. Rowling non punti direttamente a graffiare l’anima dei lettori… a parer mio non ha ancora capito di chi stiamo parlando.

Ma partiamo da Harry Potter. Con totale disincanto, il libro esaminava i meccanismi del potere, la corruzione dell’animo umano, il tradimento de Sé e il peso della scelta del singolo. E se il modello di Voldemort era sicuramente Hitler, il romanzo analizzava in realtà le sfumature psicologiche di ciascuno di noi. Voldemort era infatti l’estremo del narcisismo maligno: l’incapacità di rinunciare, la negazione della morte, l’assenza di un sentimento diverso dall’odio, il senso di onnipotenza, il desiderio di attaccamento e l’ossessione del possesso. Ma se Voldemort era il male assoluto – l’uomo che ha disintegrato la propria anima per vivere in eterno e che ha così trasformato se stesso in una creatura senza vita – era sugli uomini e le donne della sua corte che J.K. Rowling costruiva la sua storia.

Ne Il seggio vacante, Voldemort è invece un grande assente. Probabilmente non ha ancora trovato il modo per restituire un corpo alla sua anima sfigurata… dunque non c’è bisogno di un Harry Potter a combatterlo e possiamo assistere semplicemente alle macchinazioni dei suoi ignari servitori umani.

Ed eccoli qui. La lente d’ingrandimento di J.K. Rowling si ferma su una cittadina della campagna britannica: l’ordinata e leziosa Pagford. Il centro è una bella piazzetta ciottolata da cui si diramano armoniosamente la scuola, il negozio di prelibatezze e il palazzo del Consiglio Comunale. Qualche chilometro separa Pagford dalla più mondana e indecorosa Yarvil, le colline le oscurano la vista dei più recenti quartieri poveri e i ruderi di un’antica abbazia incombono su di lei come un santo protettore. Ma cosa si nasconde dietro le belle finestre di Pagford?

Il cuore nero della vita di provincia – con la meschinità e l’ipocrisia dei suoi rapporti sociali – è sicuramente il tema di questo romanzo corale. Il vecchio Voldermort fatica però a reggere il confronto: questi nuovi cattivi tradiscono infatti tutto e tutti (a partire da se stessi), vanno in chiesa la domenica e fanno persino volontariato.

Dunque veniamo alla trama. Barry Fairbrother – ultimo baluardo di una politica davvero a favore della comunità – muore all’improvviso lasciando un seggio vacante nel consiglio comunale. E’ una morte inattesa che incrina l’equilibrio di un’invisibile rete di odi e alleanze, e crea le premesse perché il microcosmo di Pagford cominci a sgretolarsi e a scivolare nella tragedia.  E’ una guerra tra la vecchia Inghilterra e i nuovi poveri, ma si adatta molto bene anche alla realtà italiana: il vincitore occuperà il seggio vacante che dà il titolo al romanzo, decidendo le sorti dell’intera comunità e in qualche modo anche le nostre.

Pagford viene dunque analizzata al microscopio perché ogni maschera venga delicatamente rimossa. Scopriamo così che la comunità è in realtà un insieme di separatissimi clan attorno ai quali si aggirano pochi disperati outsiders. Se tutti si incontrano nella pasticceria nel centro della piazza, non potrebbero però vivere in un’incomunicabilità più profonda. La comunità non esiste. La verità è bandita. Nessuno conosce nessuno, tutti conoscono tutti, tutti hanno convinzioni inventate con le quali attaccano gli altri e al tempo stesso puntellano la loro identità (pubblica e privata) nella speranza disperata che non vada in frantumi.

Eppure, in questo mondo di adulti che hanno barattato la poesia e l’amore per una vita di patetiche certezze, un fantasma si muove. Sul sito del consiglio comunale cominciano a comparire enigmatici messaggi che minano una ad una le certezze del paese e inesorabilmente ogni maschera verrà strappata rivelando l’orrendo decadimento delle anime. A quel punto però, solo il sacrificio di un diamante grezzo placherà l’ira degli dei…

Come al solito, J.K. Rowling ha un occhio di riguardo per i giovani: riceveranno il mondo in eredità, eppure non viene data loro la possibilità di sopravvivere integri a una realtà di falsità e compromesso. Io sono d’accordo con la piccola sintesi proposta da Internazionale: Il seggio Vacante è un libro meraviglioso.

 

questo articolo è disponibile sul sito di Silvia Belcastro

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2 commenti

  1. con mail a parte ti abbiamo inviato le nostre linguacce come segno distintivo del nostro benvenuto. Grazie di essere della banda!. Michele

  2. Cara Silvia, grazie per l’ottima recensione e benvenuta a bordo :-)!

I commenti sono chiusi.